mb2 giustaUna decisione sul muslim ban, arriverà sicuramente la sera del 7 febbraio, ma potrebbe non essere l’ultima. Dopo l’appello, il ricorso alla Corte Suprema sembra essere dietro l’angolo. E per la misura pensata da Donald Trump contro l’immigrazione, sembra non esserci pace.

Quando è stato promulgato, il muslim ban di Donald Trump aveva suscitato numerose polemiche. Sette è il numero di Paesi coinvolti, i cui cittadini non potrebbero varcare i confini statunitensi perché verrebbero bloccati anche se in possesso della regolare documentazione. Ora in sospeso e al vaglio della Corte d’Appello di San Francisco, il decreto del nuovo presidente potrebbe essere confermato o annullato dalla sentenza che è attesa entro questa sera.

La sentenza – L’amministrazione Trump è in attesa di conoscere la decisione della Corte d’Appello californiana che si riunirà entro questa sera. Lo scopo è quello di scandagliare i punti del bando per i cittadini di sette Paesi islamici di entrare negli Stati Uniti e decidere se è stato scritto seguendo le leggi americane oppure no. In caso contrario, il provvedimento verrà bloccato e non entrerà in vigore. Durante l’udienza verranno ascoltati i consulenti legali del dipartimento di Giustizia, che difendono il provvedimento, e quelli degli stati di Washington e Minnesota, i primi ad aprire la causa contro il divieto. A questi due se ne sono aggiunti altri 16, tra cui quello di New York e della California.

La presa di posizione di questi Paesi era stata preceduta da quella di 97 colossi della Sylicon Valley, cuore pulsante dell’ingegneria informatica americana e che possiede un numero consistente di dipendenti provenienti dagli Stati “banditi”. Nello specifico, la Corte dovrà stabilire se Trump ha ecceduto nella sua autorità violando il primo emendamento della Costituzione e la legge sull’immigrazione. Il presidente ha chiesto alla Corte una decisione a breve termine:  «Va ripristinato, ne dipende la sicurezza nazionale», ha detto Donald Trump per sottolineare l’importanza e il carattere di necessità del bando.

I legali della Casa Bianca affermano che il neo presidente ha agito in base ai suoi poteri sia per quanto riguarda l’ingresso di stranieri negli Stati Uniti, sia per l’entrata di rifugiati, cioè di chi scappa da conflitti in atto nella propria terra d’origine. «Non è corretto dire che si vuole colpire i musulmani – si legge nella memoria difensiva – si vuole solo operare in modo tale che i cittadini americani siano protetti da possibili minacce».

In qualunque modo si esprimerà la Corte, la decisione potrà essere impugnata da entrambe le parti per portarla davanti alla Corte Suprema. A quel punto si rischierà pero’ lo stallo burocratico perché la nomina del nono giudice costituzionale annunciata da Trump non è ancora stata confermata dal Congresso. In tal caso, si deciderà con otto giudici e, se il verdetto non fosse raggiunto, rimarrà valida la sentenza d’appello.

Il Muslim Ban – A fine gennaio, Donald Trump e la sua amministrazione hanno approvato un divieto d’entrata nel territorio a stelle e strisce per i cittadini di sette Stati mediorientali a maggioranza musulmana: Iran, Iraq, Siria, Libia, Sudan, Yemen e Somalia. Alla diffusione della notizia erano già stati bloccati in aeroporto alcuni viaggiatori provenienti da quei Paesi. Anche quelli che erano in possesso della green card o della regolare documentazione per entrare. Alle proteste tra le vie e nelle piazze, si era aggiunta la decisione del giudice federale di Brooklyn, Ann Donnelly, di bloccare i rimpatri forzati. Scelta poi seguita da altri colleghi della Donnelly. Sono state circa 100 le persone interessate dall’ordinanza di emergenza emessa dalla giudice, la quale però aveva solo impedito il ritorno a casa delle persone ma non aveva aperto loro i confini né aveva commentato come incostituzionale il provvedimento.