Per molti utenti social, la ciclista che ha mostrato il dito medio a Trump è un’eroina. Per i suoi capi alla Akima, invece, Juli Briskman è solo una maleducata. Una persona che ha creato un inutile imbarazzo all’azienda, una società di comunicazione e marketing che è anche contractor del governo federale, e non merita applausi e retweet, bensì il licenziamento. «Abbiamo deciso di non lavorare più insieme a te – le hanno detto -. Violi il nostro codice di condotta e siamo preoccupati per le ripercussioni sugli affari». Lei ha provato a ribellarsi, ma non c’è stato nulla da fare e alla fine ha presentato una lettera di dimissioni. Una “forzatura” che dovrebbe aiutarla a trovare presto un altro impiego. «Sono molto sorpresa perché il mio gesto non è così osceno come quello che si vede là fuori», ha commentato la donna che ora è ufficialmente disoccupata. La società interpellata dal New York Times, ha ribadito che «tuttio i nostri dipendenti sono tenuti a rispettare alcuni standard etici e lei non lo ha fatto».

La vicenda – 28 Ottobre, tre del pomeriggio. Juli Briskman, 50 anni, sta facendo una passeggiata in bici quando viene accostata da una fila di macchine nere. Dentro una di queste c’è anche il presidente degli Stati Uniti Donald Trump, di ritorno a Washington dopo un pomeriggio passato al National Golf Club. In un primo momento la donna pensa di cambiare strada perché col presidente che ha cancellato l’assicurazione sanitaria e e che vuole cacciare gli immigrati musulmani, lei non vuole condividere nemmeno la corsia. Poi ci ripensa. Alza il braccio destro e mostra il dito medio. «Mi è ribollito il sangue, ci sono così tanti problemi e lui se la spassa qua», dirà poi. Un fotografo dell’agenzia di stampa France Presse immortala il momento e lo mette sui social. La foto diventa virale e Briskman si ritrova in poche ore da consulente di marketing sconosciuta a simbolo dell’opposizione all’inquilino della Casa Bianca. Una vera “s-hero”, come la chiamano sui social. Lei si accorge della fama solo due giorni dopo l’accaduto, quando vede la sua immagine sulla pagina Facebook anti Trump Loudon Action. Soddisfatta, la salva e la imposta come foto profilo sui social. I suoi follower non possono capire dal profilo in che azienda lavora. Lei, il 30 ottobre, avverte comunque l’ufficio risorse umane di quanto è accaduto,  anche se l’episodio è avvenuto nel suo giorno libero. «Per correttezza». Una correttezza che non le è stata riconosciuta e che l’ha portata, il giorno seguente, a perdere il lavoro.