La svolta doveva iniziare con una firma su un documento. Ma un anno dopo che l’India si era decisa ad affrontare il problema dello stupro, un’altra bambina incontra il carnefice. E ne esce in fin di vita.
Il 3 febbraio 2013 il presidente indiano Pranab Mukherjee firma l’ordinanza anti-violenze nata per combattere uno dei reati più diffusi nel Paese. È domenica. Esattamente un anno dopo, nel giorno in cui l’ordinanza diventata nel frattempo legge dello Stato festeggia il primo compleanno, una bimba di 9 anni viene legata, imbavagliata e abusata in un vicolo di Dehli. Il suo aggressore, un ragazzo di 25 anni, l’aveva attirata con della cioccolata.
La coincidenza ha un effetto più potente delle statistiche ufficiali, che ridimensionano il fenomeno delle violenze. Secondo una statistica del Wall Street Journal, in India si verificano due violenze sessuali ogni 100mila abitanti. Poco rispetto agli Usa, dove la media è di 13 su 100mila. Ma il sommerso è sempre difficile da quantificare, specie in un Paese dove il sistema delle caste ha ancora una forte influenza. Nel caso dell’India, una data ha segnato il prima e il dopo. Il 16 dicembre 2012, quando una studentessa 23enne di fisioterapia è stata vittima di uno stupro di gruppo su un autobus a Nuova Dehli. Stava tornando a casa con il fidanzato dopo il cinema. Una banda di uomini assalì la coppia con spranghe di ferro, che furono usate anche durante lo stupro stesso. La giovane morì per le ferite interne due settimane dopo.
La storia fece il giro del mondo. Proprio in conseguenza dello “stupro dell’autobus” il governo decide di potenziare le leggi contro la violenza sulle donne emanando la Criminal Law Amendment Ordinance, un testo diviso in 22 capitoli che recepiva le indicazioni di una commissione ad hoc. Un primo passo fatto dal governo indiano per velocizzare i processi e incrementare le pene in caso di «extreme sexual assault», definizione coniata per l’occasione. Se la vittima muore o rimane in stato di vegetativo in conseguenza della violenza, la legge ammette la pena di morte per il condannato. Voyeurismo, stalking e molestie vengono inoltre riconsiderati.
Comincia l’iter legislativo. L’ordinanza viene approvata dalla Camera Bassa e dalla Camera Alta del Parlamento indiano a tempo di record nel mese di marzo. Il 2 aprile successivo, con la definitiva approvazione del Presidente, diventa la legge attualmente in vigore. Essere accusati di stupro oggi in India può portare a una condanna di almeno 20 anni di carcere, con pena di morte per i pregiudicati per lo stesso reato. Chi sfigura una donna con l’acido va incontro a una pena che va da un minimo di 10 anni di carcere all’ergastolo. Per la prima volta nella storia della legislazione indiana, il testo fissa l’età minima per i rapporti consensuali a 18 anni. Stabilisce anche che gli indagati per stalking e voyeurismo non hanno diritto alla libertà su cauzione.
La legge c’è, quindi. E le condanne possono costare care. Ma i provvedimenti ufficiali si scontrano con la legge tribale, che considera lo stupro non il reato ma la condanna. All’inizio di quest’anno è stata giudicata colpevole una ventenne di Subalpur, nel Bengala occidentale. La pena – decretata dagli anziani del villaggio – è stata subire uno stupro di gruppo da parte di venti “volontari”. «Noi facciamo così. Non andiamo alla polizia», ha dichiarato al Guardian la moglie di uno di loro.
Un altro caso recente di violenza sessuale riguarda una turista svedese di 51 anni. La donna si era allontanata da sola dall’albergo, perdendo la strada. Chiede indicazioni. La nota un gruppo di ragazzi, che ne approfitta per trascinarla in un vicolo. È successo sempre a Dehli, India.
Lucia Maffei