L’onda lunga del caso Weinstein non si ferma. E in America, da quando il New York Times ha iniziato a documentare i tentativi di abusi e di molestie sessuali da parte del potente produttore, si moltiplicano i casi di denunce decisive per la vita pubblica del Paese. Il 13 dicembre i repubblicani hanno perso le elezioni in Alabama, e gran parte della colpa viene attribuita al candidato Roy Moore, accusato di molestie da diverse donne. Il giorno dopo, 14 dicembre, Dan Johnson, deputato repubblicano del Kentucky, si è suicidato: era stato di recente accusato di stupro. Nella stessa data, 14 dicembre, l’attrice Salma Hayek si è aggiunta alla lunga lista di donne che hanno denunciato i comportamenti di Weinstein.

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Roy Moore mentre, a bordo del suo cavallo, va a votare per le primarie

Le elezioni in Alabama – La notte del 13 dicembre il Partito democratico ha vinto le elezioni in Alabama per 1,5 punti percentuali, riconquistando lo Stato (uno dei simboli del profondo Sud) dopo 20 anni. Ma sarebbe più opportuno dire che il Paritto Repubblicano ha perso: il candidato vincente Doug Jones infatti ha ottenuto gli stessi voti che Hillary Clinton prese nel novembre dell’anno scorso in occasione delle presidenziali. La differenza (in negativo) l’ha fatta Roy Moore, il repubblicano che ha dimezzato i voti presi dal suo partito alle elezioni nazionali. Moore ha 70 anni ed è un ex giudice con posizioni da fanatico religioso: tra le altre cose ha detto che ai musulmani dovrebbe essere proibito essere eletti al Congresso, che l’11 settembre fu una punizione divina contro gli americani infedeli e che l’America è una fonte di male nel mondo per via dei matrimoni gay. Ciononostante era riuscito a vincere le primarie contro il candidato sostenuto dal partito, il moderato Luther Strange. Ciò che ha fatto precipitare le quotazioni di Moore è stata un’inchiesta del Washington Post pubblicata il 9 novembre, in cui diverse donne lo accusavano di molestie sessuali e comportamenti inopportuni: i fatti risalivano a un periodo in cui lui era trentenne e loro erano minorenni.

L’inchiesta – Nell’articolo due donne avevano raccontato di aver frequentato Moore quando avevano 17 e 18 anni, mentre lui ne aveva più di 30. Un’altra donna aveva raccontato che Moore le chiese di uscire insieme quando lei aveva 16 anni, ma che sua madre glielo proibì. La testimonianza più significativa era stata quella di Leigh Corfman, una donna che aveva rivelato di essere stata molestata da Moore quando aveva 14 anni. Le quattro donne non si conoscono tra loro ed erano state trovate dal giornale e avevano dato racconti coerenti tra loro. Nel frattempo le accuse a Moore erano state corroborate da altri elementi e testimonianze, e le donne che avevano raccontato di essere state molestate erano diventate nove. A quel punto l’establishment del Partito Repubblicano si era allontanato da Moore e gli aveva chiesto di ritirarsi. Moore però aveva continuano a negare, ammettendo solo di aver frequentato ragazze molto giovani. Il presidente Trump si era schierato con lui con grande decisione e dopo la diffusione dei risultati ha commentato su Twitter: «Congratulazioni a Doug Jones per questa sudata vittoria». Un esito che potrebbe risultare decisivo per il futuro degli Stati Uniti: ora al Senato il Partito Repubblicano ha 51 voti contro i 49 del Partito Democratico, una situazione che rende complesso trovare i voti per far approvare qualsiasi cosa.

Il suicidio del deputato – Poco più a nord, qualche ora dopo le elezioni in Alabama, la notte del 14 dicembre, il deputato Repubblicano del Kentucky Dan Johnson si è ucciso. Tre giorni prima, l’11 dicembre, era stato accusato di aver violentato un’adolescente nella cantina della sua casa. Johnson, 57 anni, era stato eletto nel 2016 quando i Repubblicani avevano ottenuto il controllo del Parlamento locale dopo quasi 100 anni. Johnson era un pastore evangelico e aveva risposto all’accusa durante una predica in cui aveva definito le accuse «totalmente false» sostenendo, dopo aver fatto riferimento al caso Moore, facessero parte di un piano nazionale per screditare il Partito Repubblicano.

My monster too – Nel frattempo, in una lettera al New York Times dal titolo «Harvey Weinstein is my monster too» l’attrice Salma Hayek scrive di aver passato anni a dire di no alle richieste – dai massaggi al fare la doccia insieme – dell’ex re di Hollywood. L’attrice scrive che a ogni rifiuto seguiva la «rabbia machiavellica» di Weinstein che una volta l’avrebbe spinto a minacciarla di morte. Hayek ha lavorato con il produttore in Frida, film per cui è stata candidata all’Oscar. L’attrice scrive che il produttore, dopo averla accettata per il ruolo, una volta constatata la sua «scarsa disponibilità» alle avventure sessuali, avrebbe iniziato a fare pressioni e sarebbe riuscito a far inserire, contro la sua volontà, una scena di nudo non prevista nel copione originale.