Gli Stati Uniti si preparano a uno degli appuntamenti della politica più importanti dell’anno: il Super Tuesday. Martedì 5 marzo 16 Stati e un territorio americano andranno alle urne per decidere i candidati di entrambi gli schieramenti – Democratici e Repubblicani – che si presenteranno alle prossime presidenziali. Mentre Donald Trump esce vittorioso dalle primarie in Idaho, Missouri e Michigan e continua a volare nei sondaggi, lo stesso non può essere detto per il suo rivale, il democratico Joe Biden. Secondo un recente sondaggio del New York Times e del Siena College, gli elettori che avevano votato nel 2020 per l’attuale inquilino della Casa Bianca, lo considererebbero oggi troppo vecchio per un secondo mandato. Risultato che ha convinto sempre più americani a spostarsi verso il gruppo degli “uncommitted“, ovvero coloro che, per protesta, decidono di non scrivere nessun preferenza sulle schede elettorali. A peggiorare la situazione di Biden, anche l’opposizione della comunità araba che, dopo il veto Usa all’Onu per un cessate il fuoco a Gaza, ha deciso di non supportare il presidente nella sua corsa elettorale.
Super Tuesday – Il supermartedì è una tradizione che va avanti dagli anni ’80: si chiama così perché vanno al voto molti Stati nello stesso giorno per eleggere i delegati che andranno alle rispettive convention (repubblicana e democratica) per nominare il candidato presidente. Quest’anno il martedì porta in palio la nomina di più di un terzo dei rappresentanti. Il Super Tuesday è un’occasione nella quale solitamente si scopre quali saranno i due sfidanti. Solo nel 2008, nel campo democratico, la sfida tra Barack Obama e Hilary Clinton aveva dato un esito incerto: si recarono alle urne gli abitanti di 23 Stati, il numero più alto di sempre, ma il confronto finì quasi in pareggio e si dovette aspettare l’esito degli ultimi Stati per capire che il candidato sarebbe stato Obama.
Il fronte repubblicano – Il Great Old Party – nome popolare per indicare il partito repubblicano – sembra ormai aver deciso il suo favorito. Donald Trump ha distaccato l’avversaria Nikki Haley di diversi punti nei voti delle scorse settimane, con un’unica eccezione: Washington Dc. L’ex ambasciatrice Onu ha infatti trionfato nella capitale, diventando la prima donna repubblicana ad aggiudicarsi una tornata di primarie. Immediata la risposta del tycoon, che non ha esitato a insultare la rivale sul social media Truth, definendola “cervello di gallina”. Tuttavia, molto potrebbe ancora cambiare con la sentenza della Corte Suprema del Colorado attesa nelle prossime ore. Donald Trump è infatti a processo per la violazione del 14esimo emendamento, che impedisce a chiunque abbia preso parte a un’insurrezione di ricoprire una carica politica di rilevo, tra cui quella di presidente. Il Colorado aveva sospeso Trump dalla corsa elettorale per il suo ruolo nell’attacco al Campidoglio del 6 gennaio 2021. Il tyccon non aveva esitato a fare ricorso, appellandosi all’immunità presidenziale. Se la Corte Suprema del Colorado dovesse decidere contro l’ex presidente, confermerebbe l’esclusione di Trump dalle schede elettorali dello Stato. Ma non solo. Essendo sotto processo anche in Maine e Illinois, la decisione potrebbe ripercuotersi anche sugli altri territori, creando un precedente e diventando un ostacolo alla sua corsa presidenziale.