Tangenti per l’approvazione di un’operazione da 5 miliardi di dollari: è questa l’accusa per cui Alexey Ulyukayev, ministro dello Sviluppo economico del governo Medvedev dal giugno 2013, è stato arrestato nella notte tra il 14 e il 15 novembre. Il ministro – come spiegato da Svetlana Petenko, portavoce del Comitato investigativo responsabile dell’operazione – è stato indagato per più di un anno dagli agenti del servizio segreto russo Fsb ed è stato colto in flagranza di reato mentre accettava una bustarella da 2 milioni di dollari portata dagli stessi agenti, che avevano pianificato la trappola. Rischia fino a 15 anni di carcere. Ulyukayev avrebbe intascato la tangente milionaria per il via libera del suo ministero all’operazione che avrebbe permesso alla Rosneft, società petrolifera controllata dal governo, all’acquisizione del 50% di un’altra compagnia petrolifera, la Bashfnet.

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Lotte di potere.Gli avvenimenti hanno destato scandalo in Russia: era dal 1991, anno della dissoluzione dell’Unione sovietica, che un funzionario di così alto livello non finiva in manette. Il Cremlino per ore non ha commentato la vicenda e ha poi rilasciato dichiarazioni piuttosto generiche – «accuse serie, ma solo un tribunale può decidere». L’evidente imbarazzo del governo lascia pensare che la vicenda abbia risvolti ancora da chiarire, se non altro perché in Russia la corruzione appare endemica e raramente viene punita con tanta severità e rapidità.
La Rosneft, la maggiore azienda petrolifera russa, è un potentato di Igor Sechin, uno degli uomini più vicini a Putin, ex agente dei servizi segreti (come lo era lo zar Vladimir), diventato il manager più pagato del Paese. Lo stesso Sechin è all’origine della nascita della società, sorta dalle ceneri di un’altra azienda, la Yukos di Mikahil Khodorkovsky, del cui arresto lo stesso Sechin è considerato il principale artefice. L’acquisizione di Bashneft ha alle spalle una storia lunga, contorta e per molti versi torbida, che tra guerre di potere aveva già portato ad altri arresti.

Equilibri precari. Sechin è inoltre capofila dei conservatori dell’esecutivo russo, mentre Ulyukayev è esponente dei tecnici liberali, scettico sulle prospettive economiche russe. Putin è stato finora sempre molto attento a mantenere nel suo governo l’equilibrio tra i falchi nazionalisti e i moderati più filo-occidentali. Ora qualcosa sembra stia iniziando a scricchiolare. Già nei mesi scorsi c’era stato un rimpasto tra i collaboratori, con l’allontanamento di una serie di vecchi alleati, sostituiti con funzionari più giovani vicini ai conservatori nazionalisti. Finora però il blocco economico del governo sembrava intoccabile.