L’attesa è quasi giunta al termine: il 28 marzo la Corte di Cassazione francese si dovrebbe pronunciare definitivamente sul caso dei 10 terroristi rossi rifugiati a Parigi dopo gli Anni di piombo (sei ex Brigate Rosse e quattro ex appartenenti a gruppi armati). Un dossier al centro del dibattito giudiziario tra Italia e Francia da oltre 40 anni a causa dell’applicazione della “Dottrina Mitterand“, che permette agli ex-esponenti dei gruppi armati di trovare protezione Oltralpe. Dalla primavera del 2021, dopo mesi di trattative, il presidente Emmanuel Macron aveva promosso l’esecuzione delle richieste di estradizione e arresto per gli otto uomini e due donne, oggi di età compresa tra 64 e 80 anni, ricercati dall’Italia per atti di terrorismo negli anni settanta e ottanta.

Le foto dei 10 terroristi rossi (Ansa)

Ombre rosse, il “no” della Cassazione e il ricorso – Il 29 giugno 2022 la camera di istruzione della Corte di Appello di Parigi si era opposta alla richiesta di estradizione per i 10 esponenti dei gruppi armati, arrestati nell’ambito dell’operazione Ombre rosse nell’aprile 2021 in Francia.
La decisione della Corte di Appello, basata sugli articoli 8 e 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (che fanno riferimento alle sentenze in contumacia e al rispetto della vita privata e famigliare) era stata impugnata dalla Procura Generale francese.
Il giorno successivo, il presidente della Repubblica Emmanuel Macron aveva auspicato che gli ex militanti potessero essere giudicati sul suolo italiano: «Dobbiamo agire nel rispetto delle famiglie delle vittime e della nazione italiana», aveva dichiarato Macron, aggiungendo che, nella fattispecie, le persone di cui stava parlando erano implicate in crimini di sangue. Una posizione in contrasto con la “Dottrina Mitterand”, che prevede il diritto a non essere estradati da suolo francese se non per reati violenti.
Irène Terrel, avvocata francese di sette dei dieci ex terroristi, aveva denunciato l’infondatezza del ricorso, sottolineando che «i motivi di impugnazione sollevati dalla Procura generale non hanno alcun fondamento giuridico e violano i principi fondamentali previsti dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo».

Il fondatore di Lotta Continua Giorgio Pietrostefani (Ansa)

Chi sono i 10 ex-militanti  – La domanda di estradizione che era stata presentata dall’Italia coinvolge alcuni dei protagonisti del terrorismo eversivo che ha causato stragi e omicidi durante i cosiddetti Anni di piombo.
Il nome più noto è senza dubbio quello di Giorgio Pietrostefani (80 anni), fondatore di Lotta Continua, condannato a 22 anni per l’omicidio del commissario Luigi Calabresi.
Sei gli ex-Brigatisti Rossi: Giovanni Alimonti, condannato per banda armata, associazione terroristica e accusato del tentato omicidio di un vicedirigente della Digos; Roberta Cappelli (ergastolo per associazione con finalità di terrorismo, concorso in rapina aggravata, omicidio aggravato e attentato all’incolumità), Marina Petrella (stesse imputazioni di Cappelli), Sergio Tornaghi (ergastolo per banda armata) e Maurizio Di Marzio (5 anni per tentato sequestro di un dirigente della Digos di Roma) e Enzo Calvitti, condannato per i reati di associazione sovversiva, banda armata, associazione con finalità di terrorismo e ricettazione di armi.
I restanti nomi sono quello di Narciso Manenti, ritenuto colpevole dell’omicidio dell’appuntato dei carabinieri Giuseppe Gurrieri a Bergamo, nel 1979; Raffaele Ventura, allora militante in Autonomia Operaia, condannato a 20 anni per concorso morale nell’omicidio del vicebrigadiere Antonio Custra; e Luigi Bergamin, terrorista veneto ed ex ideologo dei Proletari armati per il comunismo (Pac), che organizzò l’omicidio del maresciallo Antonio Santoro e partecipò all’esecuzione di Lino Sabbadin.