Un uomo taglia un ramo caduto a causa del maltempo che ha colpito il Texas. Benbrook, Texas, Usa, 16 febbraio 2021. Credit: Ansa

Il gigante energetico degli Stati Uniti è in parte ancora al freddo. Il Texas è attraversato da un gelo polare che ha paralizzato le reti elettriche lasciando nei giorni scorsi milioni di persone senza riscaldamento. Tutti i settori sono andati in tilt, dall’estrazione e lavorazione del greggio alle fonti rinnovabili. La coltre di neve e ghiaccio che ha messo in ginocchio lo Stato americano ha riaperto la storica questione legata al “separatismo” energetico texano. Colpiti dalla tempesta “Uri” anche altri Stati, con oltre 30 vittime.

L’emergenza – Il 20 febbraio il presidente Joe Biden ha dichiarato lo stato di massima emergenza per il cuore energetico a stelle e strisce e prepara una visita in Texas in settimana. Le temperature straordinarie tra i 2 e i -22 gradi hanno lasciato al buio oltre quattro milioni di persone. Senza elettricità né riscaldamento, i texani sono ricorsi a soluzioni di fortuna: mobili bruciati, falò improvvisati e fornelli accesi contro il freddo. Questi rimedi hanno provocato incendi e intossicazioni da monossido di carbonio che hanno causato delle vittime. Il freddo ha provocato anche l’esplosione di molte tubature, con milioni di persone tra Houston e Dallas che hanno vissuto per giorni senza acqua. I pochi che hanno avuto la fortuna di non ritrovarsi senza luce, non possono ritenersi altrettanto fortunati con le bollette. Si sono visti recapitare conti fino a 16mila dollari. Il 21 febbraio il Texas ha però deciso di sospendere il pagamento delle bollette e le autorità hanno assicurato che chi ha ricevuto conti a più zeri sarà aiutato.

Le temperature di molte decine sotto lo zero hanno mandato in tilt la rete elettrica texana. Forth Worth, Texas, Usa, 16 febbraio 2021. Credit: Ansa

Il blackout – La tempesta “Uri” che ha colpito il Texas e altri Stati americani ha causato un sovraccarico della rete elettrica. Sono andate in tilt le raffinerie e gli impianti di estrazione di greggio e gas, come il Permian Basin, il più grande giacimento per il fracking. Bloccati gli oleodotti, le centrali elettriche e non sono state risparmiate nemmeno le fonti non rinnovabili, con il congelamento delle pale eoliche. Ad aggravare la situazione si aggiunge l’isolamento energetico del Texas, che risale agli anni ’30. In quel periodo lo Stato americano decise di gestire in autonomia la propria rete elettrica, slegandosi dalle due principali arterie energetiche, quella a est e quella a ovest. La storica indipendenza dell’industria texana ha impedito che arrivassero aiuti dagli altri Stati e ha lasciato milioni di persone senza riscaldamento.

Il dibattito – Le temperature glaciali hanno mostrato la vulnerabilità energetica del Grande Stato del Sud e riaperto un dibattito storico. Il Texas è il principale produttore di energia del Paese e doppia il secondo Stato, la California. Il 70% del fabbisogno texano è alimentato da fonti tradizionali, come gas e carbone, ma si è investito anche sul rinnovabile. L’eolico rappresenta il 23% della produzione elettrica del Paese, il 28% di quella totale negli Stati Uniti. Per questo lo scontro politico si intensifica tra i sostenitori e gli oppositori del green. Secondo i repubblicani la crisi energetica del Texas si sarebbe verificata per l’eccessivo ricorso a fonti rinnovabili fragili in inverno come l’eolico. Opposto il pensiero democratico, che accusa gli impianti di estrazione e lavorazione di greggio e gas di non aver retto l’impatto di temperature mai registrate in Texas.

La polemica – Ha fatto discutere la decisione del senatore repubblicano Ted Cruz, che nel pieno della tempesta è volato al caldo del Messico con la moglie, le figlie e alcuni amici. A poco è servito il frettoloso rientro e le scuse di Cruz quando l’opinione pubblica ha protestato per il suo gesto in un momento delicato per il Texas.