Tutti ne parlano, ma nessuno (o quasi) lo ha letto. Il Presidente francese Emmanuel Macron è arrivato a Roma per la firma del Trattato del Quirinale, attesa nella giornata di venerdì 26 novembre. L’intesa è stata negoziata solo a livello di governi, senza il coinvolgimento dei rispettivi Parlamenti, quindi le indiscrezioni filtrate sono pochissime. Lo scopo dell’accordo, ha sottolineato il leader transalpino nei giorni scorsi, è favorire «la convergenza delle posizioni francesi e italiane» in materia di politica estera e di sicurezza, con un occhio all’Unione europea e alla crisi dei migranti, ma saranno toccati anche la sfera economica e i settori dell’istruzione, della ricerca e della cultura.
Il progetto nasce verso la fine del 2017, quando a Palazzo Chigi c’era ancora Paolo Gentiloni. Parlando alla Sorbona, il Presidente francese annunciò la necessità di un accordo di cooperazione con l’Italia, informato dallo stesso spirito «pioneristico» del Trattato dell’Eliseo, l’intesa del 1963 alla base del partenariato tra Francia e Germania. Con l’esecutivo giallo-verde i negoziati naufragarono, sull’onda della quasi-crisi diplomatica innescata dall’allora vicepremier Luigi di Maio con la visita ai gilet gialli che all’epoca incendiavano le strade di Parigi. Riprese le trattative con il Conte bis, solo con Mario Draghi a capo del governo si è riusciti a portarle a termine.
Le indiscrezioni – I contenuti dell’accordo, lo ripetiamo, sono ancora poco noti. Secondo il sito First, il testo finale includerà 11 capitoli tematici e sarà accompagnato da un programma di lavoro. Uno degli aspetti annunciati riguarda un meccanismo di cooperazione trai due Parlamenti, che sarà inaugurato da un accordo ulteriore firmato dai presidenti delle Camere, Roberto Fico e Richard Ferrand, previsto per lunedì 29 novembre. Secondo alcune indiscrezioni il Trattato potrebbe includere riunioni congiunte dei due Consigli dei ministri e un vertice annuale bilaterale trai due Paesi. E’ quasi scontato che alcuni dei capitoli prenderanno in considerazione le politiche di sicurezza legate al bacino mediterraneo: contenimento della Turchia, evitare nuovi crisi migratorie, contrasto al terrorismo nella fascia del Sahel i temi sicuramente in agenda. E’ possibile ma non scontato che si tenterà di risolvere anche la questione Libia, dossier delicatissimo perchè qui Parigi e Roma sono sui lati opposti della barricata e hanno interessi confliggenti.
Francia e Italia lavoreranno anche per arrivare ai tavoli europei e internazionali con posizioni simili. Cruciale la sintonia specie in materia di bilancio e regole sulla spesa pubblica, che l’UE dovrà rivedere entro il prossimo anno. Sul tema entrambi i contraenti temono una stretta in senso ordoliberista promossa dalla Germania (e resa ancor più probabile dal liberale Christian Lindner al ministero delle finanze tedesco).
A completare il quadro la cooperazione industriale, specie quella legata al settore della Difesa, dove i due complessi produttivi hanno già ottenuto risultati positivi. Il settore della cultura dovrebbe beneficiare del riconoscimento facilitato dei titoli di studio e (pare) di un programma di scambio di studenti – una specie di “Erasmus potenziato”.
Gli obiettivi – Il senso dell’accordo, da parte francese, è completare il triangolo trai tre principali attori europei. Il Trattato di cooperazione con la Germania, simile nei modi e nei contenuti, è stato rinnovato nel 2019 proprio da Macron. Lo scopo di Parigi ora è quello di potenziare i rapporti con Roma in maniera tale da portare avanti la propria agenda anche su quei temi per cui il dialogo con i tedeschi risulta difficile (come appunto le questioni economiche). Al contempo, notificare alla Germania che la Francia è una potenza in grado di muoversi indipendentemente dall’UE e dalla cooperazione bilaterale.
Proprio questo è il punto dolente per alcuni dei critici dell’intesa. Come ha scritto lo storico Guido Sapelli su Formiche.net, oggi l’Italia «può vantare solo collaborazioni isolate», di certo nulla di paragonabile ai meccanismi in essere tra Francia e Germania. Se l’Eliseo può dunque scegliere a quale canale di cooperazione rivolgersi in base al tema da affrontare (geopolitica e strategia con i tedeschi, economia e cultura con gli italiani), altrettanto non si può dire del Bel Paese. Ne consegue che oggi il Trattato vede un contraente in posizione di forza e uno in posizione di debolezza. Motivo per cui, secondo Sapelli, l’accordo, pur avendo delle potenzialità, resta un «prolungamento della politica di potenza francese».