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Per ora non è l’inizio di un’altra primavera araba, ma i collegamenti con la Rivoluzione dei Gelsomini che a cavallo tra il 2010 e il 2011 portò alla fine del regime di Zine El-Abidine Ben Ali (in carica dal 1987) ci sono. Tre notti consecutive di scontri in almeno 10 città della Tunisia hanno provocato un morto, oltre 500 arresti e più di 60 agenti di polizia feriti. I giovani manifestano contro il carovita e il movimento che ha scatenato le proteste si chiama “Fech Nestanew”, “Cosa stiamo aspettando”. La campagna è stata lanciata il 4 gennaio, esattamente sette anni dopo il suicidio di Mohamed Bouazizi, il fruttivendolo simbolo della sommossa del 2011 che si diede fuoco contro il regime. E al governo di Youssef Chahed è stato chiesto di ritirare la finanziaria 2018 entro il 14 gennaio, anniversario dall’esilio di Ben Ali.

La vittima – Nella sera dell’8 gennaio, primo giorno di scontri, è rimasto ucciso un uomo di 43 anni di nome Khemaies Yeferni, soccorso prima all’ospedale della città di Tebourba e poi trasferito nella capitale Tunisi. Secondo fonti mediche il giovane sarebbe arrivato in stato di asfissia all’ospedale con ferite sul corpo. Le manifestazioni riguardano molte città: a Nefza e Sousse sono state date alle fiamme le caserme e a Djerba i giovani hanno cercato di bruciare una sinagoga. Alle sassaiole la polizia risponde con gas lacrimogeni. Almeno 50 autoveicoli delle forze dell’ordine sono stati danneggiati.

Il premier: «Protesta politica» – «La violenza non verrà tollerata e le autorità non hanno altra scelta che applicare la legge». Il premier Youssef Chahed ha risposto così alle notti di scontri contro il carovita. In Tunisia è in vigore lo stato di crisi dal novembre 2015 e Chahed, in carica dal 2016, ha attaccato l’opposizione: «La posizione del Fronte Popolare – un raggruppamento di sinistra – sulla legge finanziaria 2018 è irresponsabile. I suoi deputati hanno prima votato a favore di questa legge e ora esprimono il loro rifiuto nelle manifestazioni». Il governo ha anche smentito che l’uomo morto sia stato colpito da un’auto della polizia: Khemaies Yeferni, sostiene il ministero dell’Interno, sarebbe arrivato al pronto soccorso senza presentare segni di violenze.

Tunisia tra marginalizzazione, povertà e terrorismo – La finanziaria 2018, motivo degli scontri, ha introdotto il rincaro dei prezzi per carburanti, assicurazioni e servizi, l’aumento dell’Iva dell’1% e altre misure per cercare di contenere la spesa pubblica. Ma le cause del malessere degli abitanti, soprattutto nelle regioni del centro e del sud, sono note: mancanza di prospettive per i giovani, disoccupazione anche al 30% nelle zone sfavorite, marginalizzazione, senso di impotenza. Le stesse che spingono molti a tentare la strada dell’emigrazione illegale verso l’Europa o l’arruolamento tra le fila delle organizzazioni terroristiche. «Con 500 dinari al mese – circa 167 euro – non si sopravvive, e i nostri salari non vanno oltre i 400», ha detto al New York Times Akrem, un 27enne che non ha voluto rivelare il proprio cognome per paura della polizia.