Donald Trump è passato dalle minacce ai fatti, ma Harvard vuole il braccio di ferro. La più antica e prestigiosa università americana si è rifiutata di adattarsi ai dettami della Casa Bianca e alle sue politiche anti-Dei (diversità, equità, inclusione). Gli accampamenti pro Palestina sono rimasti lì dov’erano, i programmi di studio non sono cambiati, così come i criteri di ammissione di studenti e professori. E l’ateneo è diventato il simbolo della “resistenza” contro la nuova amministrazione. Già pochi giorni fa il presidente aveva congelato più di 2 milioni di finanziamenti federali, che potrebbero diventare presto 9. Adesso per Harvard, che dal 2025-2026 sarà gratis per famiglie con redditi inferiori a 200mila dollari all’anno, c’è anche il rischio di perdere le esenzioni fiscali riservate a organizzazioni caritatevoli, religiose o attive nel campo dell’istruzione. Secondo la legge, il discrimine per accedere ai fondi è l’astensione dall’attività politica. Stando agli esperti del Washington Post, l’università non ha violato alcun paletto, ma il tycoon spinge proprio su questo. E la decisione, ora, compete al fisco americano, ovvero all’Internal Revenue Service (Irs), l’agenzia governativa per la riscossione dei tributi.

Il college di Harvard
La resistenza degli atenei – La lotta di uno, nel frattempo, è diventata quella di molti atenei. Dal Massachusetts alla California, dove anche l’università di Stanford ha annunciato che non cancellerà i programmi legati a inclusione e diversità. «Le università americane sono una fonte di grande forza nazionale che si è costruita con gli investimenti del governo ma non sotto il suo controllo», ha sottolineato il rettore Jonathan Levin. Anche Barack Obama, ex allievo di Harvard ed ex presidente degli Stati Uniti, ha elogiato la levata di scudi contro «un tentativo illegittimo e maldestro di soffocare la libertà accademica». La Columbia University, che all’inizio aveva chinato la testa tentando di trovare un accordo con il presidente per tutelare gli studenti ebrei, rafforzare la sicurezza e salvare i fondi, avrebbe fatto marcia indietro. «Non possiamo permettere al governo di chiedere di abbandonare la nostra autonomia», ha dichiarato la rettrice Claire Shipman. Presa di posizione netta anche di Yale, l’unico ateneo della Ivy League (le otto università più prestigiose degli Stati Uniti) al momento risparmiato dal tornado Trump.
Trump al vetriolo – La crociata, per ora, è tutta contro Harvard. E non importa se da lì sono usciti 8 presidenti e più di un centinaio di premi Nobel. The Donald non arretra. Anzi, prosegue nella missione più ampia di smantellamento delle istituzioni federali – tra cui il Dipartimento per l’istruzione – per trasferire autorità ai singoli Stati. Dopo aver chiesto le scuse all’università per aver rifiutato di raggiungere un’intesa, ha aperto una raffica di post sul suo social Truth. Si è scagliato contro le assunzioni di «professori woke, radicali di sinistra, idioti e stupidi». Ha parlato anche di contratti troppo remunerativi per l’ex sindaco di New York Bill de Blasio e per Lori Elaine Lightfoot, prima donna afroamericana lesbica ad aver guidato Chicago, etichettandoli come «i peggiori e più incompetenti sindaci della storia del Paese». Sfida aperta e totale. Ancor di più quando il presidente ha affermato che Harvard non dovrebbe neanche figurare tra le migliori università del mondo: «È una barzelletta, insegna l’odio e la stupidità e non dovrebbe più ricevere fondi federali», ha tuonato.
Il rischio per gli studenti internazionali – Il taglio dei fondi potrebbe mettere a rischio diversi progetti di ricerca. Ma il pugno duro di Trump è un pericolo anche per le assunzioni di professori e l’ammissione di studenti internazionali, su cui si chiede che le università accettino dei controlli. Solo ad Harvard, coloro che provengono da altri Paesi sono il 27,2% delle iscrizioni annuali. «Se Harvard non riuscirà a dimostrare il pieno rispetto dei suoi obblighi di segnalazione, l’università perderà il privilegio di iscrivere studenti internazionali», si legge in un comunicato del Dipartimento per la sicurezza interna degli Stati Uniti, come riporta CBS.