Donald Trump prenderà possesso dello Studio Ovale della Casa Bianca soltanto dopo il giuramento previsto il 20 gennaio 2025. Tuttavia, il tycoon newyorkese aveva anche l’obiettivo di assicurarsi il controllo totale del Congresso e dunque del potere legislativo. Obiettivo raggiunto. Un importante segnale da questo punto di vista era arrivato dalla conquista del Senato, passato ai Repubblicani già nella notte elettorale del 6 novembre quando si è votato per rinnovare 34 dei 100 seggi. Il partito del neo presidente controlla ora 53 seggi nella Camera alta del Congresso, una maggioranza essenziale, come scrive La Repubblica, «per l’approvazione di leggi chiave, la conferma di nomine presidenziali a cariche federali, inclusi i giudici della Corte Suprema, e per l’indirizzo della politica estera».
Il sigillo che certifica la vittoria completa della marea rossa è arrivato nella mattinata italiana del 14 novembre, quando il Grand Old Party ha raggiunto i 218 seggi necessari per garantirsi anche il controllo della Camera dei Rappresentanti. Il ritardo nella comunicazione è stato causato da un rallentamento nelle operazioni di spoglio in 16 distretti. Il risultato non è comunque definitivo, dal momento che ci sono ancora 9 seggi da assegnare, con i Repubblicani che potrebbero dunque aumentare il proprio vantaggio. La vittoria alla Camera conferma il risultato delle elezioni di metà mandato del 2022, quando i repubblicani avevano ottenuto la maggioranza con 222 seggi. Il Senato era invece in mano democratica, con il partito di Biden rappresentato da 51 parlamentari. In mano al Gop c’è infine anche la Corte Suprema, con sei dei nove giudici nominati da presidenti repubblicani. Trump può anche contare sul sostegno della maggioranza dei governatori repubblicani dei 50 Stati americani. Una concentrazione di potere che gli permetterà di governare senza nessun ostacolo.
Project 2025 – Ora che potere legislativo, esecutivo e giudiziario sono nelle mani di una sola persona, sugli Stati Uniti aleggiano i fantasmi del Project 2025 e dell’America First Policy Institute. Project 2025 è un’agenda politica sviluppata dall’organizzazione conservatrice Heritage Foundation. Il documento è stato redatto nell’aprile 2023 con l’obiettivo di fornire delle linee guida per i futuri governi repubblicani. Come si legge sul sito ufficiale del progetto, tra le proposte per «affrontare le sfide più profonde del nostro paese e rimettere in carreggiata l’America» ci sono la conclusione della costruzione del muro al confine con il Messico, l’espulsione degli immigrati clandestini e i tagli alla spesa pubblica per ridurre l’inflazione. Il neo presidente ha sempre preso le distanze da Project 2025 sostenendo di non averlo letto e di non conoscerne gli autori, nonostante tra questi figuri Tom Douglas Homan, nominato nei giorni scorsi responsabile dei confini nazionali e già direttore ad interim dell’Immigrazione e delle dogane nel primo governo del magnate newyorchese.
America First Policy Institute – L’allontanamento di Trump da Project 2025 ha favorito l’emergere di un altro think tank di destra: l’America First Policy Institute (AFPI). L’organizzazione è stata fondata nel 2021 da Brooke Rollins, direttrice del Consiglio di politica interna degli Stati Uniti nel primo governo Trump e Larry Kudlow, direttore del Consiglio economico nazionale degli Stati Uniti tra il 2018 e il 2021. L’obiettivo specifico era quello di promuovere la politica del tycoon dopo la sconfitta contro Joe Biden. Tra i punti chiave dell’agenda, come evidenzia Forbes, l’imposizione di tariffe sui beni importati, l’aumento della produzione nazionale di gas e petrolio e il completamento della barriera al confine con il Messico. A differenza di Project 2025 non menziona invece la proposta di Trump di organizzare deportazioni di massa degli immigrati clandestini. Il neo presidente non si è mai espresso sull’AFPI, anche se il fatto che Linda MacMahon, presidente dell’associazione, sia tra i copresidenti del team di transizione presidenziale aumenta le probabilità che The Donald adotti alcune di queste politiche nel suo secondo mandato.