«Adesso andate a casa. Vi amiamo, siete persone speciali»: il videomessaggio di Donald Trump rivolto ai suoi sostenitori che la sera del 6 gennaio hanno assaltato il Campidoglio getta una luce sul ruolo del tycoon sugli scontri che hanno portato finora a quattro morti e decine di feriti. E adesso Trump rischia grosso. Il 45esimo presidente Usa, accusato di aver sobillato i manifestanti con la continua evocazione di brogli elettorali, finirà il suo mandato il 20 gennaio, giorno in cui è previsto il giuramento di Joe Biden; ma non è da escludersi che venga rimosso in anticipo dall’incarico, anche con l’aiuto dei repubblicani.
L’uscita “volontaria”- Uno degli scenari possibili è quello delle dimissioni forzate, sotto la minaccia della rimozione e del totale isolamento politico. L’ipotesi nasce da alcune rivelazioni del New York Times, secondo cui a chiedere l’intervento della Guardia nazionale a Washington sarebbe stato il vicepresidente Mike Pence, che avrebbe esercitato una funzione riservata al presidente, dando così una possibile indicazioni sul futuro prossimo. In questo senso la condanna di Pence ai rivoltosi, ai quali si rivolge dicendo «non avete vinto. La violenza non vince mai» suonerebbe come il distacco definitivo da Trump del suo Numero Due. Intanto fioccano le dimissioni tra i piani alti dell’amministrazione uscente: oltre al vice consigliere per la Sicurezza nazionale Matt Pottinger e al chief of Staff della first lady Stephanie Grisham, anche il segretario ai Trasporti Elaine Chao, moglie del leader repubblicano Mitch McConnell, valuta l’uscita di scena.
La mossa di Palazzo – Se le pressioni politiche non dovessero bastare, l’esecutivo potrebbe ricorrere al 25esimo emendamento della Costituzione, che con una votazione a maggioranza qualificata dei due terzi alle camere legittimerebbe il passaggio dei poteri dal presidente al suo vice, data l’impossibilità da parte del capo di Stato di “adempiere ai poteri e ai doveri della carica”. Secondo la Cnn, un numero crescente di esponenti repubblicani protenderebbe verso questa ipotesi e anche l’amministratore delegato della National association of manufacturers (una specie di Confindustria) Jay Timmons, uno dei principali sostenitori di Donald Trump, ha dichiarato che «Il vicepresidente potrebbe prendere seriamente in considerazione la possibilità di invocare il 25esimo emendamento per preservare la democrazia».
Il processo – Se le prime due possibilità permetterebbero di rimuovere Trump senza avviare provvedimenti giudiziari, i democratici spingono invece per l’impeachment. La deputata democratica Ilhan Omar ha annunciato via Twitter che sta lavorando agli articoli per la messa in stato di accusa del presidente: «Non possiamo permettergli di rimanere in carica» scrive Omar, «si tratta di preservare la nostra Repubblica e dobbiamo adempiere al nostro giuramento». L’impeachment è solitamente una procedura lunga e per la quale sono necessarie accuse specifiche, ma in questo caso la Camera potrebbe votare le incriminazioni in poche ore, visto anche il recente scandalo delle pressioni di Trump sul segretario di Stato della Georgia per convincerlo a sovvertire il risultato elettorale nello Stato. A favore di quest’ultima ipotesi è anche la leader dell’ala sinistra del partito democratico Alexandria Ocasio-Cortez , che affida ai social il suo laconico commento: «Impeach».
Impeach.
— Alexandria Ocasio-Cortez (@AOC) January 7, 2021