La prova di forza tra il presidente statunitense Donald Trump e il Cremlino non non si ferma. Dopo l’annuncio della scorsa settimana da parte di Trump di voler riprendere i testi nucleari, è arrivata la conferma. «Ho incaricato il Pentagono» di procedere, ha scritto sul suo social Truth. Inutile, a quanto pare, la minaccia di ritorsioni da parte russa. «Adotteremo misure adeguate di risposta», aveva dichiarato il presidente Vladimir Putin, rifiutando le insinuazioni della Casa Bianca secondo cui Russia e Cina starebbero già effettuando esercitazioni. Intanto a Pokrovsk, nel Donbass, continua la battaglia per la “porta d’accesso” alla porzione di Donetsk ancora sotto controllo ucraino. Nella notte, Kiev ha annunciato di aver liberato il palazzo del Consiglio della città e di aver issato la bandiera ucraina.

Il Cremlino – Fare tutto il possibile per «raccogliere informazioni sulle vere intenzioni americane» e «preparare proposte coordinate sul possibile avvio per la preparazione a test di armi nucleari». Così il presidente russo durante una riunione del Consiglio di sicurezza, che ha definito «un problema serio» le parole di Trump e ha ribadito che la Russia ha sempre rispettato il Trattato sulla messa al bando totale dei test nucleari (Ctbt). L’accordo, firmato nel 1996, proibirebbe ai firmatari di effettuare test in qualsiasi ambiente. Trattato che per Trump è pressoché irrilevante, dato che non è mai entrato in vigore proprio per la mancata ratifica da parte di cinque Paesi. Tra questi, oltre a Cina, Egitto, Iran e Israele, ci sono proprio gli Stati Uniti.

La Casa Bianca – Il Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti ha chiarito che i test ordinati da Trump rientrerebbero nella categoria dei “sub-critici”. Piccoli esperimenti, spesso condotti in Nevada, in cui si stressano materiali nucleari dentro contenitori corazzati e si raccolgono dati. Nessuna reazione a catena, nessun fungo atomico. Un ritorno ai test con esplosione, infatti, romperebbe un tabù vecchio di oltre 30 anni e potrebbe innescare risposte da altri Paesi. Gli Stati Uniti hanno smesso 1992 e l’Unione Sovietica nel 1990. La Russia, che ha ereditato l’arsenale nucleare dell’Urss, non lo ha mai fatto.
Nel tempo, l’indebolimento del complesso dei trattati sul nucleare ha dato il via a una gara di segnali e test. In questo contesto sono comparse armi che hanno alimentato la tensione politica. In particolare spaventa il Poseidon, un mega drone subacqueo a propulsione nucleare che la Russia dice di poter lanciare da sottomarini speciali. Aggirando i sistemi antimissile sarebbe capace di far esplodere una testata potentissima vicino alle coste nemiche provocando uno tsunami artificiale di grande potenza distruttiva.

Il fronte ucraino – Tutto questo mentre mentre sul campo si continua a morire. Nella notte tra il 5 e il 6 novembre 135 droni hanno colpito le regioni di Sumy, Kharkiv e Chernihiv. «Otto persone sono rimaste ferite a causa dell’attacco alla città di Kamjanske, dove sono stati danneggiati un edificio residenziale e le infrastrutture ferroviarie», ha scritto su Telegram il presidente Volodymyr Zelensky. Kyiv, da parte sua, ha intensificato i raid contro le raffinerie di petrolio: a Volograd si registra un morto e un incendio. Sul fronte di Pokrovsk, dopo un anno di assedio e la recente infiltrazione di militari russi, Mosca parla di un rapido deterioramento della situazione. I vertici ucraini smentiscono. Se la strategica città cadesse, sarebbe la più grande perdita ucraina degli ultimi mesi.