Si era rifiutata di difendere in tribunale il decreto di Donald Trump che congela per tre mesi l’immigrazione da sette Paesi islamici, (Siria, Iraq, Libia, Iran, Somalia, Sudan e Yemen) e il neo presidente degli Stati Uniti l’ha licenziata. Sally Yates era il ministro della Giustizia reggente dell’era Obama e occupava ancora la posizione in attesa della conferma di Jeff Sessions da parte del Senato. Al suo posto, Trump ha nominato un nuovo ministro ad interim, il procuratore per il distretto orientale della Virginia Dana Boente, pronto a ordinare al Dipartimento della Giustizia “di fare il nostro dovere giurato” e di difendere l’ordine esecutivo del presidente su immigrazione e rifugiati.
Ministro ribelle – Il duro scontro è nato dopo le parole dell’ex ministro sul decreto immigrazione. “Fino a che sarò alla guida di questo dipartimento il decreto non sarà difeso”, aveva detto Yates, che aveva invitato i legali del Dipartimento della Giustizia a non assumere la difesa del provvedimento di Trump perché il Dipartimento deve essere “responsabile di assicurare che le posizioni assunte in tribunale siano coerenti con l’obbligo solenne dell’istituzione di cercare la giustizia”. “Non sono convinta che la difesa del decreto sia in linea con queste responsabilità e non sono convinta che il decreto sia legale”, aveva aggiunto l’ex ministro. Parole forti, come la messa in discussione della legalità della norma, che hanno portato alla reazione della Casa Bianca.
La reazione di Trump – Nella serata del 30 gennaio è arrivata la nota con cui la Casa Bianca annunciava la rimozione di Sally Yates. Una risposta dai toni altrettanto forti: “Yates ha tradito il dipartimento di Giustizia rifiutando di attuare un ordine messo a punto per difendere i cittadini americani”. Parole che difendono ancora una volta il decreto sull’immigrazione: “È il momento di essere seri nel proteggere il nostro Paese. Chiedere controlli accurati per gli individui che arrivano da sette posti pericolosi non è estremo. È ragionevole e necessario per proteggere il Paese”. Per il momento il decreto ha vietato l’ingresso a più di duecento persone arrivate sul suolo americano, mentre oltre settecento sono state trattenute negli aeroporti per essere interrogate, di cui 394 avevano la carta verde, il documento che permette di risiedere legalmente nel Paese. Ma sempre a causa del provvedimento a 348 persone in possesso di visto è stato impedito di imbarcarsi su voli diretti negli Stati Uniti.
Obama critico – Sally Yates era stata nominata da Obama e la sfida che ha lanciato a Donald Trump potrebbe sembrare l’ultimo sgambetto dell’ex presidente al suo successore. Lo scontro Yates-Trump arriva a poche ore dalla prima comparsa pubblica di Obama dopo l’addio alla Casa Bianca. Un’uscita mirata a criticare la stretta sull’immigrazione decisa da Trump, definita una “discriminazione su base religiosa”. “Sono in gioco i nostri valori”, ha aggiunto l’ex presidente, che si è detto “rincuorato dalla risposta che il Paese sta dando”, con un chiaro riferimento alle proteste in corso un po’ in tutti gli States. E lo scontro tra Trump e il Dipartimento della Giustizia probabilmente alimenterà ancora le già forti polemiche su un decreto che ha fatto scendere in piazza migliaia di persone e creato confusione negli aeroporti.