Flynn

Trump a colloquio con Michael Flynn (al centro)  e Steve Bannon

Sono passate soltanto tre settimane dal suo insediamento alla Casa Bianca e Donald Trump è già costretto a rinunciare a uno dei pezzi pregiati della sua squadra presidenziale. Nella notte di lunedì Michael Flynn, consigliere per la sicurezza nazionale, ha rassegnato le dimissioni, travolto dalle polemiche per alcuni colloqui avuti con l’ambasciatore russo prima di entrare in carica.

Russia e menzogne –  Flynn era stato fortemente voluto da Trump a capo del National Security Council, organo creato da Harry Truman nel 1947 per assistere il presidente nelle decisioni di politica estera. Il pluridecorato ex generale dell’esercito americano era stato uno dei primi e più accesi sostenitori del candidato repubblicano. Durante un comizio a Cleveland aveva incitato la folla a scandire lo slogan Lock her up, alludendo alla necessità di «mettere in galera» Hillary Clinton, rea di aver utilizzato un indirizzo e-mail personale per comunicazioni sensibili ai tempi in cui era segretaria di Stato. Ora anche lui, proprio come la candidata democratica, è finito sotto inchiesta e potrebbe, al limite, rischiare il carcere. Flynn è nel mirino per le conversazioni avute con l’ambasciatore russo Sergey I. Kislyak prima di aver assunto ufficialmente l’incarico nell’amministrazione Trump.

Dimissioni dd

Intercettato – Nel dicembre 2016, il generale, da consigliere in pectore, avrebbe rassicurato in uno o più colloqui telefonici il diplomatico russo circa la volontà della nuova amministrazione di cancellare – o quantomeno mitigare – le sanzioni nei confronti di Mosca. Peccato che, all’epoca, Flynn fosse intercettato dai servizi segreti, come prescritto dalla legge americana per ogni alto funzionario in carica o in attesa di insediamento. Il dipartimento di Giustizia aveva subito riferito alla Casa Bianca il pericolo che il generale potesse essere ricattato dai russi. Ma, a domanda diretta del vicepresidente Mike Pence, il generale aveva negato l’esistenza di tali conversazioni, spingendo Trump a confermargli la sua fiducia. Almeno fino a lunedì, quando, di fronte alle rivelazioni del Washington Post, il presidente Usa è stato costretto a ripensarci e a «valutare la situazione». Un avviso a Flynn che, prima di essere accompagnato alla porta, ha preferito imboccarla da sé, presentando le sue dimissioni.

L’ex generale David Petraeus: potrebbe sostituire Flynn

I possibili sostituti – Trump non ha perso tempo e ha scelto Joseph Keith Kellogg, un altro generale in pensione, come consigliere ad interim. Ma dovrebbe trattarsi di una nomina a breve scadenza. Secondo le indiscrezioni, il presidente avrebbe già in mente il nome del sostituto di Flynn: il generale David Petraeus. Molto apprezzato per le operazioni militari condotte in Iraq e Afghanistan, anche Petraeus è stato di recente al centro di uno scandalo. Ironia della sorte, a metterlo nei guai è stata proprio la divulgazione di classified information, un’accusa molto simile a quella mossa contro Hillary Clinton durante la campagna elettorale: nel 2015 il generale è stato condannato a due anni di libertà vigilata per aver rivelato segreti di stato alla sua amante e biografa Paula Broadwell. Così, se venisse nominato da Donald Trump. prima di accettare l’incarico, Petraeus dovrebbe ottenere l’autorizzazione del giudice. E, anche se si tratta di ipotesi improbabile, dopo la sospensione del Muslim Ban  un altro giudice potrebbe trovarsi a bloccare le volontà presidenziali.