Arriva «lo zar del confine»: così Donald Trump, neoeletto presidente degli Stati Uniti per un secondo mandato, ha annunciato la nomina di Tom Homan come responsabile del controllo delle frontiere. Il tycoon ha affidato le sue parole a un post sul social Truth, lasciando poco intendere il preciso perimetro dell’azione di Homan. Un’altra pedina che si aggiunge alla squadra della futura amministrazione americana.
Chi è Homan – Il sessantaduenne ex poliziotto, secondo quanto ha scritto Trump, si occuperà delle «deportazioni di immigrati clandestini nel loro Paese d’origine» (circa 12 milioni di persone) e del controllo dei «confini Nord, Sud e marittimi e della sicurezza aerea». Homan ha una lunga esperienza nella politica migratoria: dopo essere stato agente speciale del Servizio per l’immigrazione e la naturalizzazione e membro dell’agenzia federale Border Patrol, è diventato nel 2017 direttore dell’agenzia di controllo dell’immigrazione e delle dogane (ICE). Nelle scorse settimane, Homan si era detto pronto ad aiutare The Donald nel suo piano di deportazione di massa, lanciando l’idea diun piano di controlli non annunciati nei luoghi di lavoro per favorire massicci arresti di clandestini.
Il nodo del Senato – La squadra di Trump, insomma, inizia a prendere forma. Ma il tycoon sembra determinato a mettere in atto una prima forzatura della Costituzione statunitense, aggirando il voto del Senato sulle nomine della sua amministrazione e della magistratura. «Qualsiasi senatore repubblicano che ambisca alla posizione ambita di leader nel Senato degli Stati Uniti deve accettare le nomine durante le pause di attività (nel Senato!), senza le quali non saremo in grado di ottenere conferme in tempi utili», queste le parole che Trump ha affidato sempre a Truth. Il presidente eletto sembra voler sfruttare una clausola della Costituzione per evitare la discussione delle sue nomine in Senato: questo perché, per approvare le cariche proposte dalla Casa Bianca, servono 60 senatori favorevoli. The Donald ne ha solo 53 e si troverebbe quindi ad affrontare lo scontro con l’opposizione.
La squadra ad oggi – Sono pochi, tuttavia, al momento i nomi certi: la prima ad assicurarsi il posto è stata Susan Wiles, prima donna a capo dello staff della Casa Bianca. La sessantasettenne della Florida è esperta di campagne elettorali in casa repubblicana e ha infatti ricoperto il ruolo di manager nella corsa che ha riportato il tycoon alla presidenza. Altro punto fermo è rappresentato da Elon Musk, il cui endorsement ha dato una svolta alla campagna elettorale di Trump. Sebbene il patron di Tesla abbia dichiarato di non volere titoli («non ho bisogno di riconoscimenti»), è chiaro che giocherà un ruolo chiave nel futuro governo statunitense. Anche se non dovesse ottenere il paventato ruolo di “ministro dell’Efficienza”, Musk eserciterà un’influenza senza precedenti sulle scelte del presidente, forte della rilevanza geostrategica delle sue aziende. Secondo gli analisti, Trump starebbe cercando di costruire una squadra che non lo conduca ai numerosi licenziamenti e litigi del suo primo mandato. Il neoeletto presidente è stato non a caso molto fermo nell’escludere dalla sua amministrazione due suoi ex fedelissimi: Nikki Halley, ex ambasciatrice alle Nazioni Unite e ultima a ritirarsi dalle primarie repubblicane, e Mike Pompeo, ex segretario di Stato ed ex capo della Cia.