La polizia turca non risparmia nessuno, neanche gli stranieri. Secondo il sito Radikal undici cittadini esteri sono stati arrestati con l’accusa di incitare i disordini ad Ankara. Si tratta di quattro americani, due inglesi, due iraniani, un indiano, un francese e un greco. Tra questi alcuni sarebbero studenti del programma Erasmsus.
Dopo il decimo giorno di protesta, questi arresti dimostrano come anche gli stranieri presenti nel Paese stanno partecipando alle attività dei manifestanti. Nella capitale, la polizia ha dovuto usare lacrimogeni e cannoni ad acqua per sedare gli scontri, mentre resta assediato il quartiere Kizilay, sede degli uffici del premier Recep Tayyip Erdogan. Il primo ministro turco è rientrato solo giovedì 6 giugno dal suo viaggio di quattro giorni nei paesi del Maghreb.
Ma le operazioni della polizia sconfinano anche nella Rete. A Smirne è andata in scena una retata anti-Twitter: 29 giovani sono stati arrestati con l’accusa di attività sediziose. La loro “colpa”: aver mandato messaggi di appoggio ai manifestanti. Altri otto ragazzi sono ancora ricercati. “Non andare a Piazza Losanna, c’é la polizia”, “Ci stanno prendendo a manganellate”, “Non venire a Gundogdu, sono stati sparati i lacrimogeni”, sono alcuni dei tweet incriminati. Se formalmente processati, questi ragazzi rischierebbero anche l’ergastolo.
Nei giorni scorsi Erdogan ha definito il social network una “cancrena” per la società, ma secondo i dati di ComScore la Turchia è l’ottavo paese al mondo in cui Twitter è più utilizzato, con una penetrazione che nel 2011 ha raggiunto il 16 per cento degli utenti internet complessivi. Su Facebook, l’anno scorso i turchi iscritti erano 3 milioni, settimo Paese al mondo per numero di utenti.
Luigi Caputo