Proseguono le “purghe” del premier Erdogan in Turchia. Nella notte tra il 7 e l’8 gennaio i capi della polizia di 16 città, tra cui Ankara e Smirne, sono stati rimossi dal loro incarico. Si sommano alle centinaia di alti funzionari e agenti della polizia turca – 350 il 7 gennaio ad Ankara – licenziati o trasferiti nell’ambito dello scandalo corruzione che dal 17 dicembre sta investendo il governo e ha portato all’arresto di decine di uomini d’affari, politici e banchieri vicini al partito Akp del premier, tra cui i figli dei ministri di Economia, Interni e Ambiente.
Molti dei funzionari cacciati sono considerati vicini alla Confraternita islamica del predicatore Fetullah Gulen, in scontro aperto con Erdogan. Il premier continua a denunciare la vicenda come un “complotto” organizzato contro di lui e il suo esecutivo e, dopo aver rimosso i vertici della polizia, ha attaccato il Consiglio superiore della magistratura turco che accusava il governo di ingerenze nelle indagini.
Le purghe hanno assunto “dimensioni scandalose”, scrive il quotidiano indipendente Taraf, mentre secondo il leader dell’opposizione Devlet Bahceli, che ha denunciato le epurazioni avviate dal governo, il premier ”ha perso la salute mentale”. “Quanto succede oggi in Turchia si vede solo nei clan, o nei paesi non democratici del Medio Oriente. Si capisce che queste accuse di corruzione possono coinvolgere lui e la sua famiglia. Questo e’ il timore del primo ministro”, ha aggiunto.
Intanto proseguono gli arresti: altre 25 persone, fra cui dirigenti della Direzione delle Ferrovie, sono state incriminate a Smirne in un nuovo filone della Mani pulite turca.
Alexis Paparo