Tre commensali imprevisti, indesiderati e tutt’altro che di pietra. Il 25 febbraio tre ispettori finanziari turchi si sono auto-invitati alla riunione di redazione del quotidiano turco indipendente Taraf, noto per le sue posizioni critiche nei confronti del governo di Recep Erdogan. La reazione della testata non si è fatta attendere: la prima pagina del giornale di oggi, 26 febbraio – twittata dal direttore – apre con la fotografia dei tre ispettori e titola provocatoriamente: “Ecco la nuova Turchia dell’Akp”, il partito di Erdogan.

https://twitter.com/bircuneytoruc/status/570632951962013696

L'arresto del direttore del quotidiano Zeman, Ekrem Dumanli (al centro, con la bandiera), avvenuto a dicembre 2014 davanti a una folla di manifestanti. In un'intervista recente ha dichiarato: "il vero obiettivo degli arresti era quello di intimidirci". Foto di: Ansa.

L’arresto del direttore del quotidiano Zeman, Ekrem Dumanli (al centro, con la bandiera), avvenuto a dicembre 2014 davanti a una folla di manifestanti. In un’intervista recente ha dichiarato: “il vero obiettivo degli arresti era quello di intimidirci”. Foto di: Ansa.

Secondo il quotidiano, i tre ispettori del Spk, il Consiglio del Mercato dei Capitali, si sarebbero presentati al giornale e avrebbero imposto la loro presenza alla riunione di redazione. Si tratta di un fatto senza precedenti, in Turchia, e per ora rimane senza spiegazioni da parte del governo. Il rapporto tra Erdogan e i media, però, è tempestoso ormai da diversi mesi. A dicembre, una vasta operazione di polizia aveva portato all’arresto di 31 persone, tra cui numerosi giornalisti, con l’accusa di far parte di un’associazione terroristica. A finire dietro le sbarre era stato anche Ekrem Dumanli, il direttore di uno dei quotidiani più diffusi del Paese, Zaman. La maggior parte delle persone arrestate, Dumanli compreso, sono state rilasciate di lì a pochi giorni per assenza di prove, ma il responsabile della rete televisiva Samanyolu, Hidayet Karaca, è ancora incarcerato. Nell’edizione online di oggi, Zaman ha parlato della presenza degli ispettori nella redazione di Taraf come di un “esempio della degenerazione della situazione dei media liberi in Turchia“.

All’inizio del mese di febbraio, il ministro degli Affari Europei Volkan Bozkir ha dichiarato che la stampa in Turchia è libera e che chi pensa il contrario è vittima di una “percezione sbagliata”. L’affermazione rievoca quella fatta da Erdogan a dicembre, poco dopo l’ondata di arresti, quando il premier aveva provocato scalpore dicendo che “la Turchia ha la stampa più libera al mondo”. Tuttavia, le prese di posizione del governo non trovano riscontri nelle classifiche internazionali della libertà di stampa: il rapporto Freedom House sulla libertà di stampa nel 2014 assegna alla Turchia un punteggio basso (9/16) e dichiara che nel Paese “la libertà di espressione è garantita dalla Costituzione ma è di fatto ristretta dalla legge e dalla prassi”. A gennaio, il Parlamento Europeo ha approvato una risoluzione in cui condanna la scarsa libertà di cui godono i media turchi. “Il rispetto della legge e dei diritti fondamentali, inclusa la libertà di espressione, sono al centro dei valori europei – ha ricordato l’Europarlamento – e la Turchia si è impegnata a farli propri quando ha presentato domanda di ammissione all’Unione Europea”. Le trattative per l’ingresso di Ankara nell’Ue, avviate nel 2005, sono in stallo da tempo e non sembrano destinate a sbloccarsi. All’inizio di febbraio i rappresentanti della Federazione Internazionale dei Giornalisti hanno incontrato diversi esponenti dei media turchi e hanno espresso “preoccupazione” per la situazione nel Paese. Erdogan e il suo governo, però, non sembrano intenzionati a fare alcun passo indietro. Il 25 febbraio anche l’agenzia di sondaggi Gezici Arastirma, considerata tra le più autorevoli del Paese, ha subito una visita inattesa e apparentemente ingiustificata: quella della finanza. “Non abbiamo mai visto un finanziere per quattro anni – ha raccontato il suo direttore Murat Gezici – (oggi) sono venuti a ispezionarci e hanno guardato tutti i nostri estratti fiscali. Sono stati costretti a registrare che siamo in regola con le tasse”. La ragione? Non è chiara. Ma Gezici Arastirma ha appena pubblicato un sondaggio da cui risulta che l’Akp alle prossime elezioni potrebbe raggiungere il 39,1% dei voti: un risultato nettamente inferiore rispetto a quello registrato ad agosto, quando Erdogan ha vinto la corsa alla presidenza con il 51,79%. Secondo Gezici quella della finanza è stata una visita “carica di significato”.

Chiara Severgnini