Sì della Russia alla creazione di «corridoi umanitari ovunque e in qualsiasi momento» per permettere l’evacuazione di civili dall’Ucraina. Lo ha dichiarato il ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov: «Una soluzione verrà trovata, siamo pronti al dialogo». Il Cremlino sembra quindi intenzionato a raggiungere un accordo per il «cessate il fuoco» nei negoziati che sono iniziati a Brest, al confine tra Bielorussia e Ucraina, alle 15 ora locale, le 13 in Italia.

Ai confini d’Europa – Dopo il giallo sul luogo dell’incontro, il capo della delegazione russa Vladimir Medinsky ha confermato la ripresa dei negoziati. Fino a poche ore prima, l’Ucraina aveva chiesto di spostare la sede dell’incontro con la Russia in uno dei Paesi vicini. Secco il «no» di Mosca: «La delegazione russa è pronta a tenerli solo in Bielorussia per evitare provocazioni», ha riferito Yury Voskresensky, analista bielorusso vicino agli organizzatori dell’incontro. La regione di Brest ha un valore storico importante, in questa città, nel 1918, venne firmata la pace di Brest-Litovsk fra le potenze centrali e la Russia di Lenin, che sancì l’uscita di Mosca dalla Prima guerra mondiale. E sempre in questa parte del Paese, dove sorge la più antica riserva naturale d’Europa, la foresta di Belovezhskaya Pushcha, nel 1991 furono firmati gli accordi di Belovezh, il trattato, noto anche come Accordo di Minsk, che portò alla fine dell’Unione Sovietica.

La diplomazia francese L’accordo per un secondo round di negoziati è stato trovato grazie alla mediazione del presidente francese Emmanuel Macron, un «impegno accolto con favore» ha affermato Lavrov, spiegando che dopo il colloquio telefonico di 90 minuti del giorno precedente, Putin e Macron hanno parlato anche questa mattina. In conferenza stampa Lavrov non ha lesinato aperture nei confronti dell’Occidente, affermando che «Mosca è ancora aperta ad avere trattative con la Nato appena ce ne sarà l’occasione», ma non ha risparmiato attacchi al nemico statunitense: «Washington domina l’Europa come Napoleone o Hitler hanno fatto a suo tempo», ha aggiunto il capo della diplomazia russa, secondo quanto riportato da Tass. Subito dopo il colloquio con il presidente russo, Macron ha parlato al telefono con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che dall’assedio di Kiev ha trasmesso un’altro video in cui chiede che la Russia venga costretta a risarcire il Paese per i danni causati dall’invasione.

Prospettive – Nessuna certezza dunque, ma più speranze rispetto al primo round di negoziati tra Ucraina e Russia dello scorso lunedì. L’incontro, ospitato nella valle del fiume Pripyat al confine tra Bielorussia e Ucraina, si era concluso con un buco nell’acqua. Nessun risultato dopo oltre cinque ore di confronto. Difficile prevedere se i colloqui di oggi porteranno al «cessate il fuoco», auspicato da tutti gli osservatori internazionali. Vero è che rispetto al primo incontro dello scorso lunedì, la situazione, ancora estremamente volatile e incerta, è cambiata.
L’offensiva russa continua ad arrancare più di quanto previsto dal Cremlino. L’Ucraina rivendica di aver ucciso 9mila soldati russi, di aver distrutto 217 tank, 90 pezzi di artiglieria, 900 blindati e 42 lanciarazzi. Gli aerei abbattuti sarebbero in totale 30, scrive il sito Kyiv Independent. Sebbene molto più contenuti, per la prima volta anche l’esercito russo ha fornito i numeri dei militari morti in combattimento, sarebbero almeno 500, una cifra comunque altissima.

Nonostante le sanzioni senza precedenti votate in maniera compatta dai Pesi Ue – e appoggiate da Stati Uniti, Regno Unito e dalla neutrale Svizzera – e la condanna dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite all’invasione russa (hanno votato a favore in 141, contrari 5 e si sono astenuti in 35, tra cui la Cina, ma non comporta alcun tipo di vincolo o sanzione nei confronti di Mosca), il costo del conflitto è sempre più difficile da sostenere per l’Ucraina. Il governo Zelensky ha detto che le vittime civili sono almeno 2mila, sarebbero 277 secondo l’Onu, che parla di oltre un milione di profughi già sfollati nei Paesi confinanti.

Alla lista delle atrocità si aggiunge la caduta di Kherson: i funzionari ucraini hanno confermato che la città a nordovest della penisola di Crimea è il primo grande centro a essere passato sotto il controllo delle truppe russe. L’avamposto, dove vivono oltre 300mila persone, offre un vantaggio strategico a Mosca per il controllo delle coste meridionali, e quindi per avanzare verso Odessa. Anche questa città portuale vive da giorni sotto il fuoco e i bombardamenti russi, e la sua presa isolerebbe completamente Kiev dall’accesso a mare.