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Le sanzioni contro Mosca? «Illegali». Le definisce così il portavoce del ministero degli Esteri cinese Wang Wenbin, spiegando perché la Cina non aderirà al pacchetto di misure decise dall’Unione Europea e dagli Stati Uniti per rispondere all’invasione russa dell’Ucraina. Pechino ha detto di essere «contraria a sanzioni unilaterali al di sopra del diritto internazionale». Il mancato sostegno della Cina ha scatenato le critiche degli Stati Uniti, liquidate da Wenbin in poche parole: «Diffondono notizie false che ci diffamano».

Appello bipartisan – Wenbin ha anche aggiunto: «Chiediamo a tutte le parti di dar prova di moderazione». Un’invito a mantenere la calma per «evitare un’ulteriore escalation». A maggior ragione dopo che il leader di Cremlino Vladimir Putin ha messo in allerta il deterrente nucleare della Russia.

Critica storica – La Cina, dallo scoppio della guerra, si è sempre mantenuta cauta nell’esprimere posizione sul conflitto. Atteggiamento che non è stato gradito da cinque rinomati storici cinesi che sabato 26 febbraio hanno scritto una lettera aperta invitando il proprio governo a opporsi con chiarezza all’attacco russo dell’Ucraina. «Dove porterà questa guerra?», si chiedono gli studiosi che vivono tra Nanchino, Pechino, Hong Kong e Shanghai, «Porterà a una guerra mondiale su larga scala?». E accusano: «L’invasione della Russia di uno stato sovrano con la forza è una violazione delle norme delle relazioni internazionali basate sulla Carta delle Nazioni Unite e una violazione del sistema di sicurezza internazionale esistente». Le continue dichiarazione del governo di Pechino secondo cui la guerra è stata scatenata dalle mire espansionistiche della Nato non li convince: «Ci credono veramente? Vale la pena per la Cina minare la propria credibilità per difendere l’indifendibile? Ho paura che siano stati ingannati da Putin». Se così è, Pechino preferisce non farlo sapere: la lettera degli storici è stata oscurata dalla censura dopo solo 2 ore e 40 minuti online. Abbastanza perché gli studiosi venissero additati come «vergognosi» e «traditori» dai troll cinesi pro-guerra.

Una posizione ambigua – Oltre a non partecipare alle sanzioni, la Cina ha rifiutato di riconoscere nell’operazione militare russa «un’invasione», continuando a preferire la versione data dallo stesso Vladimir Putin. Si era già inoltre astenuta al momento di votare la risoluzione dell’Onu che deplorava lo sconfinamento russo. Alla richiesta Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite di fermare immediatamente le operazioni militari, 11 Paesi si erano detti a favore. Un voto contro è arrivato dalla Russia, mentre tre sono stati gli astenuti, insieme a Cina anche India ed Emirati Arabi Uniti. Come allora, anche oggi il governo cinese ha scelto una posizione appositamente ambigua, per far sì che la guerra ricada il meno possibile sull’economia del Paese, i cui partner sono sia la Russia che i Paesi occidentali. Ma Xi Jinping e Putin non hanno mai nascosto di nutrire una speciale simpatia l’uno per l’altro. Solo l’anno scorso durante un’incontro tra i due a Mosca il leader cinese definiva il collega al Cremlino il suo «migliore amico». Motivo per cui una ventina di giorni fa i due hanno sancito una cooperazione «senza limiti», viste le tensioni al confine ucraino. Infine la reazione occidentale all’avanzata russa in Ucraina potrebbe fornire indizi utili a Xi Jinping per realizzare il «suo» sogno di riunificazione. Così come Putin aspira all’annessione dell’Ucraina perché la considera territorio legittimo della Russia, così il leader cinese ha più volte ripetuto la volontà di riportare l’isola di Taiwan, indipendente dal 1949, sotto il controllo di Pechino.