«Abbiamo trovato un accordo sui punti principali». Questo il commento rilasciato da Vladimir Putin la mattina del 12 febbraio dopo il lungo vertice di Minsk con il presidente ucraino Petro Porošenko. Il dialogo si è svolto alla presenza del cancelliere tedesco Angela Merkel e del presidente francese François Hollande, mediatori nel difficile processo di pacificazione della crisi ucraina. Le oltre 13 ore di trattativa hanno prodotto un’intesa sul cessate il fuoco, che dovrebbe entrare in vigore alla mezzanotte di sabato 13, e un accordo politico di massima. Anche i separatisti filo-russi hanno approvato le decisioni prese a Minsk, ma già si intravedono alcune crepe nel piano. Stando alle forze armate ucraine, cinquanta carri armati russi avrebbero già attraversato il confine con l’Ucraina nella notte, proprio durante i negoziati di Minsk. Un cattivo presagio per un accordo che potrebbe rivelarsi troppo fragile.

Porošenko ha dichiarato che gli accordi siglati a Minsk non prevedono l’autonomia per i territori sotto il controllo dei separatisti nell’est dell’Ucraina. Incalzato dai giornalisti, il presidente ha precisato di non essersi impegnato a concedere uno statuto federalista per il Donbass. Da parte sua, Putin ha detto che a Minsk sono state poste le basi per l’attuazione della legge sullo status speciale per l’Ucraina sud-orientale approvata dal parlamento ucraino nel settembre 2014. In quell’occasione, i ribelli dell’est avevano rifiutato l’offerta e si erano detti decisi a pretendere l’indipendenza a pieno titolo. Resta da chiarire il modo in cui si sia giunti ad un compromesso tra due posizioni così lontane. C’è già chi avverte che l’accordo poggia su basi fragili e che potrebbe subire la stessa sorte di quello firmato a settembre e disatteso dopo poche settimane.

map ukraine rebels

Territori ucraini sotto il controllo dei separatisti.
Mappa di BBC.

L’accordo di Minsk prevede anche il ritiro delle armi pesanti dalla linea del fronte a partire da lunedì 17 febbraio, il disarmo di tutte le formazioni militari non ufficiali e il ritiro delle truppe straniere dal territorio ucraino. Si tratta di condizioni essenziali per assicurare una reale pacificazione dell’area, ma destinate a crollare senza un impegno reale da ambo le parti. Non a caso, le prime dichiarazioni rilasciate da Merkel e Hollande dopo il vertice invitano ad una prosecuzione del dialogo. «È necessario ancora molto molto lavoro, ma c’è una chance reale di migliorare le cose», ha detto il cancelliere. Lo sconfinamento di cinquanta carri armati russi in territorio ucraino, ancora non confermato dal governo Putin, sarebbe già un pessimo segnale.

Le lunghe trattative di Minsk sono state segnate da momenti di tensione e pare che Putin abbia nervosamente spezzato una matita che teneva tra le mani. Stando a Porošenko, il governo ucraino non ha dovuto sottostare ad alcun ultimatum da parte russa. La mediazione franco-tedesca sembra essere riuscita a impedire un’aperta degenerazione del conflitto, almeno per ora, e facilitare il raggiungimento di un compromesso, quanto meno sulla carta. Ma le incognite restano tante e, intanto, in Ucraina si continua a sparare: nelle ultime 24 ore nel sud-est del Paese ci sarebbero stati almeno venti feriti e due morti.

Chiara Severgnini