epa03964630 Ukrainian protesters clash with riot police near of the Cabinet of Ministers building during a protest in downtown Kiev, Ukraine, 25 November 2013. The ongoing pro-European protests in Ukraine threatened to turn violent when scuffles broke out between police and protesters outside a government building in Kiev. The protesters have been active all night in the centre of the Ukrainian capital, where they erected tents around European Square. Protesters demanded that the government roll back last week's decision to suspend work on a landmark association agreement with the European Union, calling for President Viktor Yanukovych to sign the deal.  EPA/SERGEY DOLZHENKOUn lungo applauso ha rotto il silenzio e la tensione che si percepivano nella Rada, il Parlamento ucraino. Nell’attesa riunione straordinaria si è deciso di abrogare le contestatissime leggi anti-protesta approvate lo scorso 16 gennaio, che prevedevano anche la prigione per la maggior parte delle forme di manifestazione. A queste recenti leggi si deve il riaccendersi delle contestazioni di Kiev, dopo il voltafaccia del governo sull’accordo di associazione con l’Unione europea. Solo due deputati hanno votato contro l’abrogazione e la decisione è stata presa con 361 voti favorevoli su 412 presenti, dopo che i parlamentari hanno osservato un minuto di silenzio per onorare le vittime degli scontri tra insorti e polizia (tre secondo le autorità, sei secondo i manifestanti).

Sono state quindi accolte le esortazioni che il 27 gennaio il vicepresidente americano Joe Biden aveva rivolto al presidente ucraino Viktor Ianukovich. In una conversazione telefonica, Biden chiedeva al governo ucraino di prendere misure concrete nella sessione parlamentare odierna: «Per rispondere alle legittime inquietudini del popolo ucraino, come l’abrogazione delle leggi antidemocratiche votate il 16 gennaio». Ha anche avvertito Ianukovich che «dichiarare lo stato di emergenza o adottare ogni altra misura di sicurezza così grave peggiorerebbe la situazione e ridurre lo spazio per una soluzione pacifica della crisi».

Intanto, il primo ministro ucraino, Mikola Azarov, si è dimesso. In una nota pubblicata sul sito internet ufficiale del governo, il due volte premier dal marzo 2010, spiega di aver preso personalmente la decisione e di dimettersi per facilitare il raggiungimento di un compromesso socio-politico e di una soluzione pacifica al conflitto. «La grave situazione del Paese – ha dichiarato Azarov, fedelissimo del presidente Viktor Ianukovich – minaccia lo sviluppo economico e sociale in Ucraina nonché l’intera società ucraina e ogni cittadino. Oggi la cosa più importante è mantenere l’unità e l’integrità dell’Ucraina, molto più importante delle ambizioni o dei progetti personali di qualcuno. Proprio per questo ho preso questa decisione».

Anche se non ufficialmente in agenda, la crisi ucraina sarà inoltre al centro dell’odierno vertice a Bruxelles, in formato ridotto, tra Ue e Russia, mentre il capo della diplomazia europea, Catherine Ashton, ha anticipato a stasera il suo arrivo a Kiev.

Mosca si è mostrata sorpresa della dichiarazione del segretario generale della Nato Anders Fogh Rasmussen che annunciava fra i temi in discussione oggi a Bruxelles anche quello della crisi ucraina. «Quando stavamo preparando i negoziati, il tema dell’Ucraina non è stato toccato. L’obiettivo dell’incontro tra Lavrov e il segretario generale della Nato è discutere le relazioni Russia-Nato, inclusi i problemi dell’interazione e delle prospettive di sviluppo», ha dichiarato una fonte del ministero degli esteri russo, aggiungendo: «La situazione in Ucraina non era stata concordata nell’agenda».

 Maria Chiara Furlò