Sono passati dodici giorni dal summit parigino voluto da Macron per parlare di Ucraina. Dodici giorni agitati culminati con la reprimenda alla Casa Bianca in diretta mondiale del presidente americano Donald Trump nei confronti del leader ucraino Volodymyr Zelensky. Sull’altra sponda dell’Atlantico invece il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov ha accusato gli europei di essere degli «arroganti belligeranti» mentre «Trump è persona di buon senso», a differenza di Zelensky che è un «puro nazista». Un mondo capovolto in due settimane che in ogni caso non hanno fatto cambiare idea alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni. L’equilibrismo tra il sostegno a Kiev e l’amicizia con Trump è rimasta la stessa all’uscita dall’Eliseo e a quella da Downing Street di domenica 2 marzo.
La strategia – L’intenzione di Meloni è rimasta infatti quella di mantenere un filo diretto con Washington, filo messo a rischio dai salti in avanti del premier francese Emanuel Macron e del primo ministro britannico Keir Starmer, entrambi ospiti alla Casa Bianca nella settimana precedente al meeting di Londra. Le uniche due potenze nucleari europee si stanno intestando le trattative per una tregua sul territorio ucraino dichiarando l’intenzione di una «tregua lunga un mese». Meloni è rimasta sullo sfondo, nel tentativo di cercare una via mediana che coinvolga gli Stati Uniti. Ipotesi che per ora, pare non avere sbocchi. Per Meloni bisogna «pensare “out of the box”. Il tema è l’attuazione dell’art.5 della Nato, creando un’opzione nuova, coinvolgendo l’Ucraina». La premier ha aggiunto che l’Europa ha «corso un po’ troppo: dobbiamo riprendere alcuni ragionamenti che invece abbiamo accantonato». Parole che comunque non riflettono del tutto quello che ha ripetuto Trump più volte sul fatto che l’Ucraina non entrerà mai nella Nato. Nella giornata del 2 marzo la Casa Bianca ha rilasciato una nota nella quale ha ribadito che della sicurezza di Kiev «se ne dovrà occupare l’Europa».
Le decisioni – Per Giorgia Meloni l’incontro voluto da Starmer rimane «decisivo», vista la necessità di «parlarsi in modo franco per un obiettivo comune, quello di una pace duratura». Le divergenze però rimangono nel merito. L’Inghilterra, con il forte sostegno francese, ha ribadito la disponibilità a fornire all’Ucraina un contingente di «volenterosi» per garantire la pace in Ucraina. L’iniziativa ha trovato il contrasto della premier che considera questa una «soluzione non risolutiva», aggiungendo che «l’invio dei soldati in Ucraina non è mai stato all’ordine del giorno».
In Italia – Il difficile contesto internazionale si riflette anche all’interno della maggioranza di governo. Con la Lega di Matteo Salvini impegnata a mostrarsi quanto più trumpiana possibile. In un retroscena del Giornale, Riccardo Molinari, capogruppo alla Camera della Lega, ha affermato: «Salvini fa la politica estera ma il 90% del partito non la condivide», segnalando i malumori che aleggiano in via Bellerio. Forza Italia rimane invece il partito più moderato sul tema all’interno dell’esecutivo, vista anche l’intesa politica con Ursula von der Leyen, presidente della Commissione Europea, facente parte del Ppe insieme a Forza Italia.