Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha più volte chiesto alla Nato di istituire una no-fly zone sui cieli dell’Ucraina, ma la risposta è sempre stata negativa. La misura impedirebbe agli aerei russi di volare nei cieli del Paese invaso scongiurando la minaccia di attacco dall’alto ed è stata invocata con l’aggravarsi del conflitto, soprattutto dopo il bombardamento della centrale nucleare di Zaporizhzhia. L’Alleanza atlantica ha deciso di non applicarla perché considerata un provvedimento offensivo, non un’azione difensiva. «Nelle circostanze attuali sarebbe considerato come l’ingresso in guerra della Nato e quindi un rischio di una terza guerra mondiale» ha dichiarato il presidente del Consiglio europeo Charles Michel.

La richiesta – La no fly zone è un provvedimento che possono prendere organizzazioni internazionali come Nato, Onu e istituzioni europee oppure i singoli governi. È a loro che si rivolge Zelensky con un videomessaggio polemico su Facebook: «Crediamo che i Paesi della Nato abbiano un’autoipnosi e creato una narrativa per cui la chiusura dei cieli sull’Ucraina provocherebbe la diretta aggressione della Russia nei confronti della Nato». In realtà è stato proprio il presidente russo Vladimir Putin a definire «un atto di guerra» l’eventuale imposizione della no-fly zone e a ritenere che qualunque Paese la imponesse «parteciperebbe di fatto al conflitto armato».

La Nato – Proprio per questo la Nato ha deciso di non prendere in considerazione questa misura. «Il Patto Atlantico è al fianco dell’Ucraina, ma non vuole essere parte del conflitto in corso. Non manderà il suo esercito e non manderà aerei nello spazio dell’Ucraina». Con queste parole il segretario generale Jens Stoltenberg ha respinto la richiesta del presidente ucraino. Posizione ribadita da Michel, che non ha commentato la possibilità di consegnare almeno velivoli da caccia alle forze armate ucraine. Una mossa che starebbero valutando gli Stati Uniti per aggirare la no-fly zone e fornire comunque un supporto all’Ucraina.

I precedenti – L’ex Presidente degli Stati Uniti Barack Obama si rifiutò di imporre la no-fly zone in Siria nel 2013 proprio per evitare un confronto diretto con la Russia. Venne invece applicata in Libia dall’ONU nel marzo del 2011. Precedentemente era stata utilizzata nella Prima Guerra del Golfo nel 1991 e in quella in Bosnia del 1993.