Prima è salito sul tetto della sua palazzina di Kiev e poi, dopo che i servizi segreti ucraini hanno perquisito l’abitazione, ha minacciato di buttarsi di sotto. Quindi, dopo alcune ore di tensione tra le forze dell’ordine e i suoi sostenitori, è stato arrestato. Si conclude così l’ultima protesta di Mikheil Saakashvili, l’ex presidente georgiano ed ex governatore della regione ucraina di Odessa, avversario dell’attuale presidente Petro Poroshenko. La perquisizione è scattata nella mattina del 5 dicembre, in seguito a una indagine condotta dalla Procura generale sulle recenti attività d’opposizione dell’ex leader politico. Saakashvili è, infatti, diventato negli anni il principale animatore delle manifestazioni contro il governo di Poroshenko, accusato di corruzione. Un rapporto d’amore, quello con l’attuale presidente, che si è trasformato in acerrima rivalità dal 2015, quando il governatore, dopo poco più di un anno di mandato e cittadinanza ucraina (concessi proprio da Poroshenko), ha rassegnato le dimissioni denunciando che «la corruzione al potere era così radicata da non riuscire più a lavorare con efficacia».
Il leader apolide – In seguito alle dichiarazioni di Saakashvili, il presidente ucraino gli aveva immediatamente revocato la cittadinanza e di colpo l’ex presidente della Georgia – che nel 2003 aveva guidato in patria la pacifica rivoluzione delle Rose – si è ritrovato apolide. Privato sia della cittadinanza georgiana, da quando ha prestato fedeltà a Poroshenko, sia di quella ucraina, è iniziato così il lungo tour di Saakashvili per il mondo. Dagli Stati Uniti alla Polonia, passando per la Lituania, tra fughe rocambolesche e appelli social dove si definiva un perseguitato politico. Nel frattempo però, oltre alla questione ucraina, sono riemerse anche le polemiche che lo hanno interessato durante la sua presidenza in Georgia e che – a suo dire – lo hanno costretto a rifugiarsi all’estero. Il suo Paese natale infatti ne ha chiesto l’estradizione per abuso di potere e appropriazione indebita, presunti crimini che avrebbe commesso quando ricopriva la carica dal 2004 al 2013.
Il rientro in Ucraina – La fuga di Saakashvili è terminata nel luglio 2017, quando – insieme a un’altra figura nota della politica ucraina, l’ex primo ministro Julija Tymošenko, come lui animatrice di una «rivoluzione colorata» (quella arancione nell’ex Stato sovietico) – ha deciso di sfidare apertamente il governo di Poroshenko, tentando e riuscendo il ritorno in Ucraina. Partendo in autobus dalla Polonia ha forzato il confine, atteso all’altro lato della frontiera da centinaia di sostenitori. Superato il checkpoint polacco è stato quindi fermato dalla polizia ucraina, ma grazie all’intervento dei supporters, che hanno aperto un varco tra le guardie doganali, è riuscito a entrare nella città di Shehyni, accompagnato da una scorta di civili.
Le proteste contro Poroshenko – L’ultima puntata della telenovela si svolge negli ultimi mesi. Saakashvili, divenuto il principale avversario del presidente Poroshenko, anima diverse manifestazioni di protesta nelle piazze di Kiev, alcune delle quali sfociano in scontri tra polizia e manifestanti. Tra le sue richieste: la revoca dell’immunità parlamentare per i politici e l’istituzione di un tribunale speciale anti-corruzione per sostituire i tribunali ordinari che, secondo gli attivisti ucraini, sarebbero il simbolo della diseguaglianza della Giustizia. Nell’ottobre del 2017 Saakashvili chiama i manifestanti per un’ultima azione: all’appello rispondono 3.000 persone, tra cui un gruppo di attivisti a volto coperto che cercano di forzare il blocco della polizia che impedisce l’accesso al Parlamento. La protesta sfocia, però, in un nulla di fatto e si conclude con la controffensiva del governo, fino all’arresto il 5 dicembre del leader apolide.