Il presidente Putin durante esercitazioni militari nella regione di Leningrado

Il presidente Putin durante esercitazioni militari nella regione di Leningrado

“Il supremo comandante delle Forze Armate della Federazione Russa, Vladimir Putin, ha dato ordine che le truppe e le unità che prendevano parte nell’esercitazione militare tornino alle loro basi entro il 7 marzo”. La voce del portavoce del Cremlino Dmitry Peskov, trasmessa martedì mattina alle televisioni, restituiva un filo di speranza alla soluzione pacifica dei problemi ucraini. Ma è una speranza così sottile che rischia di spezzarsi, perché qualche ora dopo il presidente russo ha precisato che la decisione di usare le forze armate contro Kiev sarebbe “legittima”. Il deposto Viktor Ianukovich sarebbe stato infatti cacciato da “un golpe” e rimane “l’unico presidente legittimo”.

Per ora, però, le 150 mila truppe di Mosca, da una settimana schierate vicino al confine con l’Ucraina orientale, sconfineranno per sostenere la popolazione filo-russa, più di un terzo del Paese. Al momento “non c’è la necessità”, spiega Putin, anche se “la possibilità rimane”. Tanto più che la Crimea, la penisola russofona sul Mar Nero, potrebbe aumentare ulteriormente la propria autonomia con un referendum entro il 30 marzo. Benché il presidente del parlamento locale Vladimir Kostantivov abbia assicurato che la secessione non è in discussione, così come Putin ha smentito il desiderio di annessione, il referendum potrebbe sancirla di fatto un passaggio di influenza, con l’appoggio militare russo. E martedì mattina, due navi militari di Mosca sono entrate nel Bosforo dal Mediterraneo dirette alla base di Sebastopoli.

Mappa della popolazione ucraina russofona

Mappa della popolazione ucraina russofona

La speranza di Kiev rimane appesa al dollaro. Sulla decisione di Putin potrebbe infatti aver influito più l’economia che la diplomazia. Di certo, lunedì Europa e America hanno espresso parole dure, come quel “Putin ha perso il contatto con la realtà” della cancelliera tedesca Angela Merkel. Ma soprattutto, a parte la sospensione del summit G8 a Sochi, si erano minacciate sanzioni economiche americane ed europee (più tentennanti, vista l’interdipendenza sul gas). Di rimando, a fine giornata la borsa di Mosca aveva perso 11 punti.

Oggi, dopo la frenata di Putin, l’indice Micex è invece rimbalzato +2,5%. Il Cremlino non ha però rinunciato a mostrare i muscoli: “Se i nostri partner non vogliono venire al G8, non vengano”, ha detto martedì il presidente in conferenza stampa. Poco prima lui stesso aveva invece smentito il proprio consigliere economico Serghiei Glaziev, che aveva minacciato l’abbandono del dollaro da parte russa in caso di sanzioni a Mosca in risposta alla sospensione  di “tutti i legami militari” da parte di Washington.Putin ha invece spiegato più diplomaticamente che le sanzioni porterebbero a un “danno reciproco” e minacciato di far rientrare l’ambasciatore.

A Kiev, intanto, si attende l’incontro di giovedì a Bruxelles, quando il neo premier ad interim Arseni Iatseniuk farà il punto della situazione ai delegati Ue. Questa mattina la russa Gazprom ha annunciato il ritiro dello sconto sulle forniture di gas al paese, e l’Ucraina continua ad aver bisogno di fondi. Come già l’Unione Europea e gli Stati uniti, in giornata anche il Fondo monetario internazionale offrirà aiuti finanziari “se il paese adotterà misure” per rimettersi in sesto.

Le elezioni presidenziali ucraine, dopo la cacciata del presidente filo-russo Ianukovich e la liberazione della sua nemica politica Yulia Timoshenko, al cui partito appartiene Iatseniuk, si terranno il 25 maggio. Mosca ha fatto sapere non riconoscerà gli esiti delle urne se si svolgeranno in una atmosfera di terrore, e se questo sia una causa “legittima” di uso delle forze armate è da vedersi.

Eva Alberti