«Vogliamo dimostrare di essere una potenza nucleare responsabile». John Kirby, portavoce del Pentagono, ha spiegato così la decisione americana di rimandare il test di un missile nucleare in programma questa settimana. Dato il momento di tensione in Ucraina, procedere con il lancio sarebbe potuto essere interpretato dalla Russia come una minaccia diretta.
Distensione atomica – Kirby ha detto che in questo momento di tensione «è cruciale che sia la Russia che gli Stati Uniti abbiano ben chiari i rischi di un errore di calcolo e devono prendere delle misure per ridurli». La decisione del dipartimento della Difesa arriva alla fine di una settimana in cui si è tornati a parlare di escalation nucleare. La Federazione russa ha annunciato mercoledì che le difese strategiche (l’arsenale atomico) del Pacifico e del settore settentrionale sono state messe in preallerta – anche se l’annuncio non è stato seguito da azioni concrete.
Nella giornata di ieri il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov aveva lanciato un monito dal tono minaccioso, dichiarando che «la terza guerra mondiale sarebbe sicuramente nucleare», invitando (non molto cortesemente) le potenze occidentali a restare fuori dal conflitto in Ucraina.
Guerra senza vincitori – I funzionari americani hanno confermato che la cancellazione del test non avrà effetti sulle capacità di deterrenza del Paese. Gli Stati uniti rimangono «fiduciosi della propria postura strategica e della propria abilità di difendere la nostra terra e gli alleati», ha fatto sapere Kirby.
Anche il segretario di Stato dell’amministrazione Biden, Antony Blinken, è intervenuto nel dibattito, ricordando che «la Russia e gli Stati Uniti sono d’accordo sul fatto che l’uso di armi atomiche sarebbe devastante e avrebbe conseguenze terribili per tutto il mondo». Blinken ha poi ribadito che «una guerra nucleare non può essere vinta e deve essere evitata a ogni costo».
Le atomiche di Washignton – Il test in questione avrebbe dovuto coinvolgere un missile balistico intercontinentale Minuteman III. Si tratta di vettori in grado di portare fino a 24 testate atomiche e con gittata di circa 10mila chilometri, che costituiscono la spina dorsale dell’arsenale strategico americano. Al momento sono gli unici missili nucleari land-based (lanciati dai silos a terra) nelle disponibilità delle forze armate degli Stati Uniti.
In totale l’arsenale atomico americano conta circa 3.700 armi nucleari, rispetto alle 4.500 nelle disponibilità della Federazione russa. Molti analisti fanno però notare che gli Stati Uniti hanno un maggior numero di armi atomiche schierate e pronte al lancio.
Bombe a grappolo – La preoccupazione che il conflitto in Ucraina possa portare ad un’escalation non riguarda solo l’opzione atomica. Mosca è stata accusata negli ultimi giorni di utilizzare armi termobariche e mine a grappolo contro le città ucraine. L’allarme è stato lanciato dall’ambasciatrice americana presso le Nazioni Unite, Linda Thomas Greenfield, ed è suffragata da alcune riprese effettuate sul campo di battaglia di Kharkiv.
Le bombe a grappolo sono ordigni che rilasciano diverse submunizioni che aumentano il raggio dell’esplosione con una serie di deflagrazioni a catena. Sono vietate a causa dell’altissima probabilità di danni collaterali ai civili, data la scarsa precisione. La Russia (come anche Stati Uniti) non figura però trai firmatari delle due convenzioni, firmate a Ottawa e Oslo, che le hanno messe al bando.
E bombe termobariche – Nell’arsenale russo compaiono anche le cosiddette munizioni termobariche. In Ucraina sono stati fotografati i camion lanciatori T-72, anche se non ne è ancora stato documentato l’uso. Una testata termobarica o “a implosione” è un particolare ordigno che genera un’esplosione in due fasi. Nella prima vengono rilasciati idrocarburi nell’ambiente, che si mescolano all’aria. Poco dopo la miscela viene incendiata e la reazione consuma immediatamente l’ossigeno atmosferico, creando una corrente d’aria che va verso il centro dell’esplosione (al contrario che per gli esplosivi convenzionali). Il risultato è un’onda d’urto più estesa e che dura più a lungo, con temperature più alte rispetto a quelle delle deflagrazioni comuni.