«Il problema dell’Africa, e dell’Uganda in particolare, sono i leader che vogliono stare al potere troppo a lungo». Così diceva nel 1986 Yoweri Museveni, appena diventato presidente dell’Uganda. Quarant’anni dopo, Museveni ricopre ancora quella carica e potrebbe continuare a farlo fino al 2031.
La ricandidatura – Museveni ha confermato che si candiderà per le elezioni presidenziali ugandesi previste per il 2026. Se eletto, manterrà il suo ruolo di capo di stato e dell’esecutivo per altri cinque anni. L’ottantunenne presidente rappresenterà il suo partito, il National Resistance Movement (Nrm), lo stesso movimento con cui ha esautorato il suo predecessore Milton Obote nel 1985. L’annuncio della corsa elettorale del quarto leader più longevo del continente è stata annunciata sull’emittente di Stato Ubc dal presidente della commissione elettorale dell’Nrm, Tanga Odoi.
Museveni ha mantenuto la sua lunga permanenza al potere con due modifiche costituzionali: una nel 2004 ha cancellato il limite dei due mandati presidenziali. Questo vincolo è poi stato reintrodotto nel 2017, ma solo a partire dal 2021, ed è stato eliminato il tetto massimo all’età del presidente. Il leader, vincitore non senza contestazioni della tornata elettorale del 2021, sta ora concludendo il suo sesto mandato alla guida dell’Uganda.
Il potere – Museveni si è guadagnato il potere e il sostegno popolare rovesciando due governi autoritari: quello di Idi Amin prima e quello di Milton Obote dopo. Alla guida di una rivolta armata, il 26 gennaio 1986 è entrato vincitore a Kampala, autoproclamandosi presidente dell’Uganda. La parziale stabilità che Museveni è riuscito a garantire con i suoi primi anni di governo si è poi sfaldata nel tempo, a partire dal coinvolgimento delle truppe ugandesi nella prima e seconda guerra del Congo. Il presidente ha represso con la forza nel Nord del Paese anche la ribellione armata della Lord’s Resistance Army, degenerata in una guerra civile che ha causato almeno 20mila vittime.
Mentre è accusato di silenziare il dissenso da gruppi della società civile impegnati nel monitoraggio del rispetto dei diritti umani, Museveni continua la sua campagna elettorale promettendo di rendere l’Uganda un’economia da 500 miliardi entro i prossimi cinque anni. Una sfida impegnativa, se non solo propagandistica: l’attuale prodotto interno lordo supera di poco i 66 miliardi.

Bobi Wine su un palco nel 2015 (Wikimedia)
Lo sfidante – Dopo essere uscito sconfitto dalle elezioni del 2021, Robert Kyagulanyi, pop star prestata alla politica da tutti conosciuto come Bobi Wine, si ripresenta come sfidante di Museveni. Dopo aver accusato il governo di brogli e di intimidire le opposizioni con le forze di sicurezza, Wine ha continuato a scontrarsi con l’esecutivo. Così come ha sempre fatto anche nelle sue canzoni, che spesso denunciano proprio la disoccupazione giovanile, la povertà e la repressione di Stato. Il cantante trentottenne è in politica dal 2017, quando ha vinto per la prima volta un seggio in parlamento. L’anno dopo un tribunale militare lo ha accusato di possesso illegale di armi da fuoco, imputazione poi ritirata. Nel gennaio 2024 è stato messo agli arresti domiciliari per aver organizzato una manifestazione contro Museveni e a settembre dello stesso anno è stato ferito a una gamba da un lacrimogeno lanciato dalla polizia.
A essere controllato dal governo non è solo Wine, ma anche un altro leader dell’opposizione più volte candidato contro Museveni: Kizza Besigye si trova isolato senza possibilità di ricevere visite nel carcere di Kampala, dove è stato trasferito dopo l’arresto in Kenya. È in attesa di una sentenza per l’accusa di possesso illegale di armi da fuoco pronunciata dalla Corte marziale, che da maggio 2025 in Uganda può processare i civili. A gennaio il figlio del presidente Museveni, il capo della Forze di difesa Muhoozi Kainerugaba, ha scritto su X di voler decapitare o impiccare l’oppositore.