L’ombra del razzismo torna a oscurare la Corona britannica. Secondo documenti inediti divulgati mercoledì 2 giugno, in passato Buckingham Palace avrebbe cercato di aggirare le leggi nazionali contro le discriminazioni etniche e sarebbe riuscita a precludere qualsiasi ruolo d’ufficio agli stranieri per anni, anche sotto il regno di Elisabetta II. Un’accusa che torna a infiammare il dibattito sulla famiglia reale dopo la recente polemica sul principe Filippo e quella sollevata dai duchi di Sussex, Harry e Megan, su presunti commenti sul colore della pelle del loro primogenito Archie.

La vicenda – A diffondere la notizia è stato il quotidiano britannico The Guardian, che ha recuperato la documentazione incriminante direttamente dagli Archivi Nazionali del Regno. Fra le carte più scottanti, ci sarebbe una lettera datata 1968 in cui TG Weiler, all’epoca chief financial manager a palazzo, chiarisce nero su bianco come non fosse «pratica (della casa reale, ndr) assegnare incarichi amministrativi a immigrati di colore o stranieri», ai quali veniva invece riservato solo l’accesso ai ranghi della «servitù». Non solo: un altro fascicolo rivelerebbe il ricorso, da parte della Corona, a una macchinosa procedura parlamentare, detta Queen’s Consent, per garantirsi l’esenzione dall’obbligo di rispettare le leggi anti-discriminatorie che il governo laburista di Harold Wilson stava preparando proprio in quel periodo e che sarebbero entrate in vigore nei primi anni ’70. Secondo il giornale, queste pratiche sarebbero state mantenute anche oltre il termine della fine degli anni ’60: non risulterebbero infatti assunzioni a corte di funzionari, quadri o impiegati di radici caraibiche, africane, asiatiche e così via sino agli anni ’90. In pratica, per quasi 50 anni sarebbe stato impossibile per persone appartenenti a minoranze etniche che lavoravano a Palazzo presentare denuncia se avessero ritenuto di essere state discriminate.

La risposta – In un breve comunicato pubblicato a poche ore dall’uscita dell’articolo del Guardian, Buckingham Palace non ha negato che Elisabetta II sia stata, o sia ancora, esente dalle leggi, ma ha tenuto a precisare come nel frattempo sia stata varata una procedura speciale attraverso la quale la regina è adesso in grado di ricevere e accogliere reclami contro ogni forma di disparità. Una risposta apparsa ai commentatori scarna e insufficiente, tanto che molti non escludono la possibilità che la vicenda produca ulteriori strascichi.

I precedenti – L’inchiesta emerge in un momento di forte pressione per la monarchia britannica. Dopo l’intervista concessa a marzo alla conduttrice televisiva americana Oprah Winfrey dal principe Harry e sua moglie Meghan Markle, la famiglia più importante del Regno Unito era già finita al centro delle polemiche per presunte discriminazioni etniche. In quell’occasione, la duchessa di Sussex aveva infatti denunciato alcuni atteggiamenti razzisti che a sua dire viziavano l’ambiente reale: secondo Markle, mentre lei era incinta di Archie, ci sarebbero state a Palazzo «conversazioni e preoccupazioni» in merito a quanto sarebbe stato scuro il colore della pelle del bambino. Affermazioni cui la stessa regina aveva risposto facendo trasparire una certa irritazione: «Le questioni sollevate, in particolare quelle sul razzismo, sono preoccupanti. Sebbene alcuni ricordi possano variare, vengono prese molto sul serio e saranno affrontate dalla famiglia in privato». Di appena qualche giorno fa, invece, la polemica sorta attorno a una foto del principe Filippo donata al King’s College, di cui il marito della regina fu patrono. Come riporta il Daily Mail, a seguito della morte del reale lo scorso 9 aprile, il celebre ateneo ha inviato un’email a tutti i professori con uno scatto commemorativo del duca di Edimburgo. Alcuni membri dello staff sono però insorti, definendo inammissibile «commemorare un razzista e sessista». La diatriba è proseguita finché la direttrice della biblioteca del King’s non si è trovata costretta a scusarsi per il danno causato, inviando una semplice foto in ricordo di Filippo accompagnata dalla seguente didascalia: «La foto è stata inclusa come referenza storica, per la morte del principe. Con l’inclusione dell’immagine non si intendeva commemorarlo».