La guerra nel cuore d’Europa che scoppia alla fine del primo anno di presidenza e la maggioranza del popolo americano che non lo ritiene all’altezza della crisi. La Nato e l’Occidente che si compattano dopo l’invasione russa dell’Ucraina, seguita però dal la dichiarazione che rischia di spaccare il fronte degli alleati. E soprattutto le frasi che sembrano aver geettato un macigno sulle ipotesi di mediazione tra Moasca e Kiev: «Putin è un Macellaio» prima, e la frecciata non concordata col suo staff di diplomatici poi, «per l’amor di Dio, questo uomo non può rimanere al potere». Le parole pronunciate dal presidente Joe Biden in Polonia descrivono la gravità della crisi che la sua amministrazione si trova a fronteggiare, tra minacce atomiche, la crisi umanitaria più grave degli ultimi 80 anni in Europa e il rischio sempre più concreto di recessione economica. È la più grave dall’inizio del suo mandato, ma non si tratta della prima. Le premesse per una presidenza fuori dall’ordinario c’erano tutte. Insediatosi il 20 gennaio, a sole due settimane dall’attacco dei manifestanti pro-Trump al tempio della democrazia americana, il primo anno di Joe Biden alla guida della Casa Bianca ne vale almeno dieci, tanto è stato ricco di eventi epocali.

 

L’insediamento – Washington blindata, Lady Gaga che canta l’inno nazionale e la poetessa afroamericana Amanda Gorman, 22 anni appena, che incanta il pubblico in mondovisione con il suo componimento «la collina su cui saliamo». Al posto dei cittadini, per la prima volta assenti dalla spianata di fronte a Capitol Hill, 200mila bandiere ricordano il primo punto sull’agenda del neoeletto presidente: la lotta alla pandemia che a gennaio 2021 sta per entrare nella terza ondata, nonostante la campagna vaccinale negli Stati uniti corra molto più veloce che nel vecchio continente. Nel 2022 il 66% della popolazione americana ha completato il ciclo di immunizzazione ma due terzi dei 976mila decessi da Covid avvengono sotto la presidenza Biden. Nonostante il cambio di registro rispetto a Trump nel contrasto al coronavirus, gli Stati Uniti sono uno dei Paesi più colpiti dalla pandemia.

Le luci – Sono passati meno di due mesi dal giuramento, e il 12 marzo il presidente Biden firma l’American Rescue Plan, un piano di aiuti monstre da 1.900 miliardi di dollari per rimettere in moto l’economia americana. Di questi, 800 miliardi da dare direttamente alle famiglie. E il motore, in effetti, riparte. Nonostante l’inflazione che arriva al 7% a causa dei rincari delle materie prime, soprattutto del comparto energetico, l’occupazione rimbalza con la creazione di 6.5 milioni di posti di lavoro.

Il 2021 è anche l’anno di Cop26 a Glasgow. La conferenza sul clima si sarebbe dovuta tenere nel 2020, sotto la presidenza Trump. Rimandata a causa dell’emergenza pandemica, la successione repubblicani-democratici è provvidenziale per le prospettive ambientali del pianete. Biden riporta l’America nel perimetro degli accordi di Parigi che Trump aveva strappato, e, a sorpresa, l’inviato speciale per il Clima John Kerry sigla un patto bilaterale con la Cina in cui le due economie più sviluppate e inquinanti del mondo si impegnano a mantenere l’aumento della temperatura entro 1,5 gradi: dalla guerra fredda alla pace climatica, uno dei risultati più strepitosi della cosiddetta science diplomacy.

Sull’onda dell’entusiasmo post Glasgow, Biden porta a casa un altro storico obiettivo della sua presidenza. Il 15 novembre firma la legge sulle infrastrutture, un provvedimento da 1.200 miliardi da spendere in otto anni per migliorare autostrade, strade e ponti. per la manutenzione delle reti ferroviarie di Stato, la creazione di nuove linee ferroviarie e l’espansione di internet a banda larga nelle aree rurali del paese. Tra le altre cose, ci sono anche miliardi di finanziamenti per attrezzare gli stati più vulnerabili contro incendi, uragani e inondazioni, per progetti ambientali, per la modernizzazione dei sistemi idrici e l’aumento delle stazioni di ricarica per veicoli elettrici in tutti gli Stati Uniti. Oltre alla portata della legge, che rappresenta uno dei più grandi investimenti pubblici americani degli ultimi decenni, la valenza politica del successo dell’amministrazione è doppia, grazie a numerosi compromessi, il provvedimento viene approvato con voto bipartisan. Una possibilità impensabile solo un anno prima.

Le ombre – La presidenza dell’uomo più votato d’America (7milioni di schede in più rispetto al suo avversario repubblicano e 12 milioni più di Obama nel 2008, fino ad allora record imbattuto) si macchia indelebilmente ad agosto con la ritirata dall’Afghanistan, una catastrofe per il Paese dell’Asia Centrale e soprattutto un colpo quasi mortale alla credibilità degli Stati Uniti come garante degli equilibri mondiali. Dopo venti anni di guerra e occupazione americana, la resistenza dell’esercito afghano si sgretola pochi giorni dopo l’ufficializzazione del ritiro delle truppe Usa, il presidente Ashraf Ghani abbandona la capitale, il 15 agosto i talebani entrano a Kabul e il Paese capitola, beffardamente, a pochi giorni dal ventennale dell’11 settembre che «cambiò il mondo».

Soprattutto per questo la popolarità di Biden tracolla. a un anno dal suo insediamento solo il 41% degli americani sostiene il suo operato contro un 52% che ‘disapprova’ secondo FivethirtyEight e CNN.

Equivale a una delle peggiori performance per un presidente neoeletto da quando i sondaggisti hanno iniziato a monitorare le valutazioni di approvazione. Peggio di lui tra i suoi immediati predecessori aveva fatto solo Trump,  sceso al 40% al suo primo giro di boa. Il tutto avviene a otto mesi dalle elezioni di midterm di novembre, quando i repubblicani – in vantaggio nelle preferenze di voto – potrebbero conquistare entrambi i rami del parlamento decretando di fatto, e con due anni di anticipo, la fine di una presidenza che dà segni di affanno.