Il 21 gennaio Italia, Germania, Austria e Algeria hanno firmato una dichiarazione comune d’intenti per la fornitura di idrogeno verde dal Nord Africa all’Europa. Dal 1 gennaio 2030 i quattro paesi inizieranno la loro collaborazione tramite il SouthH2 Corridor, una rete di trasporto nuova per la distribuzione di energia rinnovabile. Il corridoio sarà lungo 3.300 chilometri e sfrutterà il 70% delle infrastrutture già esistenti, adattate per condurre idrogeno verde. L’Italia, che sarà collegata alla Tunisia dal gasdotto Transmed, sarà attraversata da Mazara del Vallo, in Sicilia, fino a Tarvisio, in Friuli-Venezia Giulia.
I dettagli dell’incontro – A Roma, in un incontro guidato dal ministro degli Affari esteri Antonio Tajani e il ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin, si sono incontrati il ministro dell’energia algerino Mohamed Arkab, il segretario di stato tedesco Philipp Nimmermann, il direttore generale del ministero austriaco Jürgen Schneider, il segretario di stato svizzero Benoît Revaz, l’ambasciatore tunisino Mourad Bourehla (a nome del ministro Fatma Thabet Chiboub) e il direttore generale per l’Energia della Commissione europea, Ditte Juul Jorgensen. L’intento è quello di riunirsi ogni sei mesi per monitorare e sostenere l’attuazione del progetto, adattando le infrastrutture esistenti e costruendone di nuove in Algeria e Tunisia. Inoltre, saranno incentivate collaborazioni tra produttori e distributori internazionali. Lo scopo è ridurre l’utilizzo delle fonti fossili creando una rete capace di importare 4 milioni di tonnellate di idrogeno all’anno. Il progetto, da solo, riuscirebbe a soddisfare più del 40% dell’obiettivo di importazione energetica previsto dal piano della Commissione Europea RepowerEu. Il piano, siglato nel maggio 2022, vuole porre fine alla dipendenza del continente dalla Russia e trovare soluzioni alla crisi climatica. Per questo motivo, per l’Unione Europea il progetto è stato riconosciuto come iniziativa di interesse comune. Secondo il ministro Tajani «rafforzerà ulteriormente il ruolo del nostro Paese quale “hub” europeo dell’energia».
L’idrogeno verde – L’idrogeno tradizionale viene ottenuto raffinando petrolio e gas naturale. È considerato una fonte di energia fossile e non sostenibile perché la produzione comporta l’emissione di grandi quantità di anidride carbonica (CO2) nell’atmosfera. Al contrario, l’idrogeno verde è prodotto attraverso un processo di elettrolisi dell’acqua (decomporre le molecole d’acqua in idrogeno e ossigeno tramite l’elettricità) alimentata da fonti rinnovabili di energia. La bassa emissione di CO2 la rende una fonte di energia pulita e sostenibile. Inoltre, durante i periodi di alta produzione di energia solare o eolica, quella in eccesso può essere utilizzata per produrre idrogeno verde. Questo può quindi essere immagazzinato e utilizzato quando l’energia del sole o del vento non è costante, come ad esempio nei periodi invernali, garantendo una fornitura costante. Si tratta anche di una fonte alternativa ai combustibili fossili nell’industria siderurgica. Usare l’idrogeno verde al posto del carbone nella produzione di acciaio ridurrebbe ulteriormente le emissioni di anidride carbonica.
La dipendenza energetica dalla Russia – L’Unione Europea ha iniziato tramite il piano RepowerEu un processo di emancipazione energetica nei confronti dei fornitori storici del continente. L’Europa prevede di essere indipendente dal gas russo entro il 2027: con gli attuali livelli di importazione GNL (gas naturale liquefatto) l’obiettivo, secondo alcuni analisti, potrebbe essere anticipato al 2025. Un processo che si è accelerato a partire dallo scoppio della guerra in Ucraina: nel 2021 l’Europa (e l’Italia) importava il 45% del suo gas naturale dalla Russia, oggi solo il 19%. Le importazioni si sono ridotte ancora di più dall’inizio dell’anno quando Kiev non ha rinnovato il contratto che permetteva il transito di gas russo all’Europa attraverso l’Ucraina. Uno scenario a cui l’Ue si era preparata in questi anni: al momento i siti di stoccaggio di gas naturale sono pieni in media al 73,17% (in Italia al 79,92%).
La dipendenza energetica dagli Usa – Con l’insediamento di Trump alla Casa Bianca, è ricominciata l’insistenza degli Stati Uniti rispetto all’acquisto di gas americano da parte dell’Europa. «Ho detto all’Unione europea che deve acquistare il nostro petrolio e il nostro gas sul larga scala. Altrimenti, saranno dazi senza fine!!!», ha scritto il neopresidente in un post su Truth. Un attacco all’apparenza ingiustificato perché, nonostante gli alti costi, nella prima metà del 2024 il 48% del Gnl acquistato dall’Europa proveniva dagli Stati Uniti, e solo il 16% dalla Russia.