“La posizione dell’America nel mondo non è mai stata così debole come adesso, sotto questa amministrazione”. Parola di Kamala Harris: la senatrice democratica ha annunciato così la sua candidatura alle presidenziali 2020. L’ha fatto in occasione del Marthin Luther King Day, il 27 gennaio, da Oakland, sua città d’origine e storica roccaforte anti Trump. Se vincesse sarebbe la prima donna di origine straniera (il padre è giamaicano e la madre indiana) a ricoprire la carica da presidente. Harris non è stata l’unica ad annunciare l’intenzione di puntare alla Casa Bianca: anche l’ex Ceo di Starbucks Howard Schultz ha rivelato di essere in procinto di candidarsi, come «centrista indipendente» (la definizione è sua). E rimane aperta l’ipotesi Hillary Clinton, che secondo alcuni media Usa starebbe ancora valutando la possibilità di (ri)presentarsi alle prossime elezioni.

L’Obama donna – “Siamo a un punto di svolta nel nostro Paese e nel mondo, e dobbiamo unirci per difendere i nostri valori contro chi vuole distruggerli”: Kamala Harris non nomina mai il Presidente repubblicano Donald Trump nel discorso davanti a migliaia di sostenitori, ma il messaggio arriva forte e chiaro, soprattutto quando accenna alle influenze della Russia sul governo statunitense: “Poteri stranieri infettano la Casa Bianca come un malware”. Ma non è tutto. Harris descrive l’America come una nazione ferita e screditata a livello internazionale, che deve rialzarsi. Al centro del suo programma, la riforma della sanità e l’aumento del salario minimo, oltre all’abbassamento delle tasse per i meno abbienti. Soprattutto, l’attenzione ai diritti civili. Per la sua fiducia nelle possibilità dei cittadini statunitensi – «Possiamo realizzare i nostri sogni, possiamo ripristinare il sogno Americano» –  è stata soprannominata l'”Obama donna”. Avvocato ed ex procuratore dello Stato della California, membro del Senate Select Committee on Intelligence, 54 anni, Kamala Harris è meno conosciuta di Elizabeth Warren, l’altra candidata democratica che ha annunciato la sua candidatura all’inizio di gennaio 2019, ma il Washington Post l’ha definita “Formidable Challenger”. Nella sua recente autobiografia The truths that we hold: an American Journey racconta le sue origini da immigrata, la sua carriera e i suoi ideali politici.

Da Starbucks alla Casa Bianca – Scioglie le riserve anche Howard Schultz, ex Ceo di Starbucks, che in un’intervista alla Cbs ha manifestato il suo interesse a correre per le presidenziali come centrista indipendente, perché «entrambi i partiti non fanno il necessario per il popolo americano e sono impegnati solo in ripicche politiche». Anche le sue origini sono umili: cresciuto in un progetto di housing sociale di Brooklin, è stato il primo della sua famiglia ad andare al college a laurearsi. Arriva a Starbucks nel 1982 e lo trasforma: da caffetteria regionale a franchising diffuso in tutto il mondo. Da undici negozi a oltre 28 mila. Nel giugno del 2018 si dimette da  direttore esecutivo e al momento ricopre la carica di direttore emerito. Con la moglie Sheri ha fondato la Schultz Family Foundation, che si occupa di aiutare veterani di guerra e giovani disoccupati a trovare lavoro.

Il fronte repubblicano – Mentre in casa democratica va anche segnalata la indiscrezione, rilanciata dalla Cnn, che Hillary Clinton starebbe ancora pensando di correre alle presidenziali 2020, sul fronte opposto il senatore repubblicano Marco Rubio ha licenziato il responsabile del suo staff Clint Reed perché «ha violato le politiche in vigore sui rapporti fra un direttore e suoi subordinati». Nessuna precisazione sulle accuse, solo la conferma da parte di Rubio che sono già stati presi provvedimenti per aiutare le vittime.