Partenza sprint per Elizabeth Warren. Che poi, però, fonde il motore all’ultimo giro. La settantenne senatrice del Massachusetts sale sul palco come favorita della prima tornata di confronto tra i candidati democratici in vista delle presidenziali Usa 2020. In Florida, il 26 giugno, non ci sono i due big della corsa, Joe Biden e Bernie Sanders, che si confronteranno il giorno successivo. Con la Warren, solo seconde leve e possibili outsider. Si parla di economia e la senatrice è subito incisiva: tasse ai milionari, abolizione della sanità privata, investimenti in energie rinnovabili e ricerca. Poi, il mordente sembra perdersi quando si passa ad altri temi: armi, clima, diritti delle minoranze, immigrazione. I vincitori di questo primo dibattito alla fine sono Julian Castro, ex sindaco di San Antonio, Bill De Blasio, primo cittadino di New York, e Cory Booker, senatore del New Jersey, che appaiono, a seconda dei temi, come gli autentici mattatori della serata. Delude invece uno dei più attesi: il deputato texano Beto O’Rourke.
The economy is doing great for a thinner and thinner slice at the top. It’s time to build an economy that works for all of us. And I’ve got plans for that. #DemDebate pic.twitter.com/8oBa9a4TmB
— Elizabeth Warren (@ewarren) June 27, 2019
I candidati – Mercoledì 26 si sono confrontati i primi dieci candidati, a cui seguiranno altri dieci il 27. Lo scontro per trovare lo sfidante di Donald Trump è ufficialmente aperto e bisognerà ora stabilire se i Dem giocheranno la corsa alla Casa Bianca con un candidato centrista o con uno più divisivo. Già dal primo dibattito è emersa una spaccatura tra l’ala radicale di Warren e De Blasio e quella moderata di O’Rourke e della senatrice Amy Klobuchar. Warren è il nome forte dei sondaggi, dietro ai battistrada Biden e Sanders, ma De Blasio si è trovato a suo agio sul palcoscenico e non ha rinunciato a toni forti. «Siamo il partito della classe operaia che lavora», ha detto in apertura del suo intervento, rivendicando le azioni che ha messo in atto a New York per dividere il divario tra ricchi e poveri, uno dei più marcati del Paese.
Gli outsider – Tra i nomi meno noti sul palco, alcuni sono riusciti a ritagliarsi una nicchia per presentarsi al grande pubblico americano. Julian Castro, ad esempio, che ha assunto toni duri contro le politiche di immigrazione di Trump ed è riuscito a risultare molto più credibile di un timido Beto O’Rourke, pallida imitazione del candidato che alle elezioni di Mid Term stava per strappare una clamorosa vittoria a Ted Cruz. Bene anche Cory Booker, bravo a far risultare il suo forte impegno in favore della comunità afroamericana, ma forse un po’monotematico. Oscillante la prova dell’ex veterana di guerra Tulsi Gabbard, abile nel sostenere la comunità Lgbtq nel giorno di apertura del Gay Pride di New York, ma poi ambigua quando ha discolpato i talebani dall’attacco dell’11 settembre.
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— NBC News (@NBCNews) June 26, 2019
I temi caldi – Clima, Cina e Russia le principali minacce per gli Stati Uniti emerse dal dibattito. Ma ce n’è una che mette in comune tutti quanti: la presenza alla Casa Bianca di Donald Trump. A farlo notare in maniera esplicita è il governatore dello stato di Washington Jay Inslee, ma tra le righe tutti sono d’accordo. In particolare, i candidati democratici propongono di limitare l’uso di armi da fuoco e vogliono ridiscutere l’ingresso Usa nell’accordo di Parigi sul cambiamento climatico. In chiusura, una promessa espressa da Julian Castro: «Nel 2021 diremo adios a Donald Trump».