Il Senato americano ha approvato una legge che sancisce il linciaggio come reato federale. La decisione mette fine a una pratica d’odio costata migliaia di vite soprattutto tra gli immigrati e le persone di colore. La proposta è stata presentata in Congresso da tre senatori afroamericani: il repubblicano Tim Scott e i democratici Cory Booker e Kamala Harris, tra le favorite alle prossime elezioni presidenziali. La senatrice ha definito la decisione come «un momento storico». Non sono disponibili dati precisi sulle vittime perché le registrazioni dei casi sono iniziate soltanto a fine Ottocento, ma nel corso dei decenni diverse organizzazioni, come la National National Association for the Advancement of Colored People o il Tuskegee Institute, hanno registrato quasi 5mila vittime tra uomini, donne e bambini. Il tasso di impunità dei carnefici è del 99% per i casi registrati.

Presentate oltre 200 bozze dal 1909 – Il provvedimento contro il linciaggio negli Stati Uniti è stato approvato dopo un secolo di battaglie civili e mozioni. Dal 1909, anno della prima proposta anti-linciaggio presentata al Congresso americano, sono state avanzate più di 200 bozze di legge da entrambi gli schieramenti politici. Dal 1890 al 1952, sette presidenti americani si sono rivolti invano al Congresso per discutere un progetto di legge contro questa pratica. Nel 1920 la Camera approvò una proposta di legge presentata dal repubblicano Leonidas C. Dyer, ma l’ostruzionismo della camera alta mandò tutto in fumo. Dalla fine del XX secolo, alcuni Stati come la California e la Carolina del Sud adottarono misure per punire il linciaggio. Durante l’amministrazione del presidente Franklin Delano Roosevelt il Dipartimento di Giustizia cercò far rientrare il reato di linciaggio nella sfera delle violazioni dei diritti civili. La prima condanna federale per linciaggio è stata commutata solo nel 1946. Nel testo della legge il linciaggio è definito come «la massima espressione del razzismo negli Stati Uniti».

Una pratica di odio –  Il termine “legge del linciaggio” ha le sue origini nella Rivoluzione americana, quando il giudice di pace Charles Lynch ordinò punizioni extra-legali contro i lealisti filo-britannici. Il linciaggio negli Stati Uniti ha colpito indistintamente afroamericani, immigrati e attivisti bianchi rappresentando  una delle pagine più oscure della storia americana – anche a causa dell’ampio consenso popolare ricevuto. Lo stesso “linciaggio di New Orleans”, in cui furono massacrati 11 migranti italiani, rientra nei casi storici. La pratica è stata sistematicamente utilizzata a partire dall’Ottocento nei territori della frontiere del West, assumendo connotazioni razziste nel profondo Sud durante l’era della Ricostruzione del 1865. In quel periodo, infatti, negli Stati sudisti i linciaggi si intensificarono anche a causa della crisi economica e di una tensione sociale elevata successiva alla sconfitta contro i confederati nella guerra di Secessione. Uccidere attraverso il linciaggio era un rigurgito razzista che veniva utilizzato anche dai proprietari terrieri per non rispettare gli obblighi contrattuali nei campi di lavoro. In un’ottica di suprematismo bianco, il linciaggio era lo strumento per farsi “giustizia da sé” rispetto ai diritti acquisiti dagli afroamericani e detenere le posizioni di potere pubblico. Gli afroamericani, in particolare, venivano additati come responsabili della condizione precaria in cui versavano intere comunità ed erano comuni i massacri nei loro confronti per motivi futili. Dinamiche simili hanno contraddistinto i linciaggi subiti dalle comunità straniere. Insieme a quella afroamericana, quello sino-americane e messicane sono state tra le minoranze più colpite dalla barbarie che ha mietuto vittime tra cittadini, intellettuali e attivisti di tutte le etnie fino agli anni Sessanta del Novecento per mano di suprematisti e terroristi.