Una scomparsa misteriosa. Un lavoro mai chiarito del tutto. Una detenzione di tredici anni, la più lunga della storia americana. Sullo sfondo, le tensioni tra Stati Uniti Iran che, anche in piena emergenza coronavirus, potrebbero avere un’ulteriore recrudescenza. C’è tutto questo dietro la morte di Robert Levinson, ex agente dell’Fbi (e forse della Cia) detenuto in Iran dal marzo 2007, quando scomparve misteriosamente senza lasciare più tracce. La sua dipartita, annunciata dai familiari su Facebook, ha subito provocato la reazione del presidente americano Donald Trump, che in conferenza stampa è sembrato smentire le dichiarazioni della sua stessa amministrazione: «Le cose non sembravano andare bene, era malato, ma non accetto che sia morto. Non ce lo hanno detto, anche se tante persone pensano che lo sia».

Un lavoro poco chiaro – Levinson ha fatto perdere ogni traccia di sé il 9 marzo 2007, mentre si trovava sull’isola di Kish, a sud della costa iraniana. Ex agente della Drug enforcement agency dell’Fbi, specializzato in lotta alla mafia russa, si era ritirato nel 1998, iniziando a lavorare come investigatore privato. Ufficialmente si trovava a Kish su commissione di un’azienda, anche se nel 2013 l’Associated press ha rivelato che era lì per conto della Cia. Il governo americano e i servizi segreti hanno sempre negato, anche se l’Agenzia ha pagato alla famiglia 2,5 milioni di dollari per non fosse intentata una causa legale sulla scomparsa di Robert, che avrebbe portato alla luce i dettagli del suo lavoro. Oltre a questo, l’affaire Levinson è costato il posto a tre analisti della cia e sanzioni disciplinari ad altri dipendenti dell’agenzia americana di spionaggio.

Il ruolo dell’Iran – Il governo di Teheran ha negato per anni il suo coinvolgimento nella scomparsa di Levinson, anche se gli organi di informazione della Repubblica Islamica avevano lasciato trapelare già a inizio aprile del 2007 che l’agente «era in custodia delle forze di sicurezza iraniane fin dalle prime ore del 9 marzo» e che «le autorità erano sul punto di terminare le procedure per liberarlo nel giro di pochi giorni». Le indiscrezioni aggiungevano infine che Levinson era a Kish per conto di un imprenditore privato. Due presidenti della Repubblica Islamica si sono espressi sul caso: nel 2012 Mahmoud Ahmadinejad, intervistato da Cbs Morning, non negò che Levinson fosse sotto la custodia delle autorità iraniane, e lasciò intendere che c’erano state discussioni per uno scambio di prigionieri. Fu invece più cauto il successore Hassan Rouhani, che nel settembre 2013 dichiarò alla Cnn: «Tutti i servizi di sicurezza della zona stanno cooperando per scoprire dove si trova».

I video – Nel frattempo, di Levinson si sono quasi completamente perse le tracce. Le uniche immagini emerse dopo la scomparsa, risalenti rispettivamente al 2010 e 2011, mostrano l’agente segreto dimagrito, con la barba lunga e con indosso una tuta che ricorda quelle utilizzate nel carcere americano di Guantánamo. In sottofondo si sentiva una musica nuziale pashtun, gruppo etnico-linguistico presente soprattutto in Pakistan e Afghanistan. Nei video l’uomo dice di essere in pessime condizioni di salute, con diabete, gotta e ipertensione. La famiglia avrebbe comunque rivelato che, nonostante l’Iran sia uno dei Paesi più colpiti dall’epidemia di Covid-19, la morte di Robert (che ora avrebbe 72 anni) sarebbe stata precedente al contagio.