«Vogliono spingermi in guerra, è ripugnante». Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump si scaglia contro i suoi più fidati collaboratori, tra cui il “falco” John Bolton, consigliere per la Sicurezza nazionale, colpevole di voler indirizzare gli Usa verso un conflitto con l’Iran. Trump prende tempo e promette che la guerra non ci sarà. «Non ne abbiamo bisogno», ha detto l’inquilino della Casa Bianca, ma la tensione tra i due Paesi resta altissima, a partire dagli attacchi informatici sferrati dagli Usa lo scorso 20 giugno. Lunedì 24 è arrivata la conferma da Teheran: l’offensiva cyber c’è stata, ma è fallita. Un risiko complesso, che sembra sul punto di esplodere.

Venti di guerra – Negli ultimi giorni, si è assistito a un’escalation rilevante. Prima, l’aggressione da parte dell’Iran di due petroliere nel golfo dell’Oman, lo scorso 13 giugno, a cui gli Usa hanno risposto con la decisione di inviare un contingente di mille soldati. Poi, l’abbattimento di un drone statunitense nel sud del Paese mediorientale. Come reazione, gli Stati Uniti hanno pianificato un attacco da sferrare il 20 giugno, ma il presidente ha deciso di annullare tutto a dieci minuti dall’inizio. La motivazione ufficiale, quella di evitare morti inutili. Alla fine, il compromesso è stato raggiunto con una serie di cyber-attacchi, tutti sventati dai sistemi informatici iraniani. «Nessun attacco è stato condotto con successo da parte loro, anche se stanno facendo molti sforzi», ha detto su Twitter il ministro delle Telecomunicazioni di Teheran, Mohammad Javad Azari Jahromi.

La strategia del presidente – Nonostante la postura muscolare contro l’Iran che assume in molte sue uscite pubbliche, Donald Trump sarebbe intenzionato a evitare la guerra in ogni modo. Secondo il New York Times, il presidente è convinto che «gli Stati Uniti abbiano sprecato troppe vite e troppi soldi in inutili guerre in Medio Oriente, ed è timoroso di ripetere gli errori compiuti dai suoi predecessori». All’interno dell’amministrazione, però, ci sono delle spaccature marcate. In particolare quella con John Bolton, che è convinto che gli Usa debbano ricorrere in maniera diretta all’uso della forza. Dall’altra parte, il segretario di Stato Mike Pompeo e i vertici del dipartimento di Stato chiedono a Trump di puntare sulla via diplomatica. I cyber attacchi sarebbero il punto di equilibrio per portare l’Iran sulla strada della negoziazione evitando escalation e risparmiando vite umane.

EPA/JUSTIN LANE

L’accordo sul nucleare – Per risalire all’origine delle tensioni tra i due Paesi, bisogna fare un passo indietro al 2015, quando venne firmato l’accordo internazionale con cui l’Iran si impegnava a mettere fine al suo progetto nucleare militare in cambio del ritiro delle sanzioni. Il patto è stato mediato da Barack Obama, ma una volta eletto Trump ha cambiato linea e ha ritirato gli Usa dal trattato. Non solo: ha anche deciso di imporre sanzioni unilaterali a Teheran e un embargo sulle esportazioni petrolifere del Paese. Per tutta risposta, l’Iran ha dichiarato che il 27 giugno violerà l’accordo e supererà la soglia di arricchimento dell’uranio. Il rischio è quello di una reazione a catena, di cui gli attacchi degli ultimi giorni rappresentano le prime avvisaglie. E contro il rischio di un conflitto si schiera anche la Russia, che attacca gli Stati Uniti per le sanzioni e nelle parole del viceministro degli Esteri Serghei Ryabkov dichiara: «Il fatto che gli americani stiano minacciando di imporre nuove sanzioni è riflesso di una deliberata e intenzionale politica di escalation».