«Più che amici, una famiglia». Parola di Benjamin Netanyahu. Il premier israeliano è a Washington su invito dello speaker della Camera dei Rappresentanti, John Boehner. Uno sgarbo alla Casa Bianca, secondo alcuni analisti. «Nulla di personale con Netanyhau», assicura Barack Obama, che però, sull’Iran, ha parole dure per la linea israeliana.
Le trattative sul nucleare iraniano saranno sicuramente al centro del discorso che Netanyahu terrà di fronte al Senato a maggioranza repubblicana. L’invito sarà quello a non ammorbidire la posizione americana nei confronti di Teheran. Un’ipotesi invece valutata da Washington dopo l’escalation di tensione scatenata dall’Isis. «Niente di tutto ciò che Israele aveva detto sull’Iran si è avverato», dice Obama ai microfoni della Reuters toccando un nervo scoperto. Sullo sfondo di questo battibecco a distanza, l’ennesimo tentativo di raggiungere un accordo sul contestato programma nucleare iraniano – in corso proprio in questi giorni a Ginevra – e, più in generale, gli equilibri del Medio Oriente. La minaccia dell’Isis ha cambiato le carte in tavola, e pare che Obama voglia approfittarne per cambiare strategia.
Anche se Netanyahu ora dice che «Usa e Israele sono una famiglia», le divergenze, in realtà, si stanno allargando. Solo cinque anni fa, il premier israeliano non avrebbe avuto motivo di dire, come fa ora, che i due Paesi «concordano sul fatto che l’Iran non debba avere armi nucleari, ma non sul come». E non avrebbe sentito il bisogno di ridimensionare lo stato di tensione. Rassicurazioni arrivano su questo dal segretario di Stato, John Kerry.
Se Obama sembra propenso ad abbandonare la linea dura, non così Nentanyahu: «L’Iran e’ prima di tutto – ripete da Washington – uno Stato che appoggia il terrorismo nel mondo e che vuole distruggere Israele». Contemporaneamente, a Ginevra gli iraniani ripetono a gran voce la richiesta che gli Stati Uniti e gli altri negoziatori riconoscano gli sforzi fatti per adeguare il programma nucleare alle richieste occidentali. Obama sembra disposto a trattare, purché Teheran si impegni a congelare le sue attività nucleari per almeno dieci anni.
Due posizioni diverse, dunque, com’è ancora più evidente durante la visita di Netanyahu negli Stati Uniti. Dopo aver parlato alla American Israel Public Affairs Committee, la più importante lobby filo-israeliana negli Usa, l’appuntamento principale è per il 3 marzo, quando il premier israeliano si rivolgerà ai senatori americani. E le sue parole dovrebbero trovare facile consenso in una platea a maggioranza repubblicana. Un bivio delicato per il presidente Obama, diviso tra la necessità di non incrinare la storica alleanza con Israele e quella di sciogliere il nodo iraniano.
Chiara Severgnini