Gli Stati Uniti limitano gli ingressi nel Paese ai milioni di funzionari del Partito Comunista Cinese e ai membri delle loro famiglie. Se identificati come tali, potranno rimanere negli Usa per un massimo di trenta giorni con un visto valido per un solo ingresso. È quanto riporta il New York Times in un articolo del 3 dicembre, citando fonti del Dipartimento di Stato al corrente della nuova normativa. «Per decenni abbiamo consentito al PCC l’accesso libero e senza restrizioni alle istituzioni e alle imprese statunitensi, mentre questi stessi privilegi non sono mai stati estesi liberamente ai cittadini statunitensi in Cina», ha detto una portavoce del Dipartimento, che poi ha aggiunto che la nuova regola rientra in un programma di azione degli Stati Uniti «per proteggere la nazione dall’influenza maligna del Pcc». La stretta ha effetto immediato e aumenta la tensione tra le due grandi economie mondiali, già in conflitto su commercio, tecnologia e molto altro.
La nuova regola sui visti – Fino ad ora i funzionari del Partito Comunista Cinese, così come altri cittadini cinesi, potevano ottenere visti di viaggio per gli Usa con una durata massima di dieci anni. La nuova policy adottata da Washington riduce questo permesso a soli trenta giorni ma non limiterebbe la possibilità di ottenere altre tipologie di visto, come l’immigrazione o l’occupazione. Il portavoce del Dipartimento di Stato ha poi aggiunto che nessun visto attuale sarà revocato a seguito dei cambiamenti politici. La stretta potrebbe comunque influenzare i viaggi negli Usa di circa 270 milioni di persone, tanti sono i cittadini nominalmente comunisti e parenti stretti (moglie e figlio). Il nodo della questione è determinare chi, a parte i funzionari di alto livello, appartiene al partito soggetto alle limitazioni. Secondo le fonti del Nyt, le nuove linee guida consentono ai funzionari americani di prendere una decisione sull’appartenenza di qualcuno al Pcc in base alla domanda di visto e a un colloquio, nonché alla discrezione dei funzionari locali. Ciò potrebbe significare che la stretta andrebbe a colpire in modo sproporzionato i massimi esponenti politici e gli imprenditori più importanti della Cina, piuttosto che i milioni di membri di livello inferiore che si uniscono al partito solamente per ottenere un vantaggio in settori come gli affari e le arti. Il massimo leader cinese Xi Jinping, infatti, ha recentemente riaffermato il primato del partito in molti aspetti della vita quotidiana.
La replica cinese – Se è vero che le restrizioni sono più moderate di un divieto assoluto di viaggiare da parte dei membri del partito, di cui i funzionari dell’amministrazione Trump avevano discusso quest’estate, la risposta cinese non si è fatta attendere. La limitazione da parte degli Usa «dei visti di viaggio agli iscritti del Partito comunista cinese e alle loro famiglie è un’escalation di repressione politica contro la Cina da parte di alcune forze anti-cinesi negli Stati Uniti, estreme per pregiudizi ideologici», è stato il commento della portavoce del ministero degli Esteri Hua Chunying. La stessa ha poi aggiunto che «la Cina ha presentato proteste formali presso gli Usa, sperando che alcuni vedano lo sviluppo della Cina in modo più razionale, calmo e obiettivo, abbandonando l’odio verso il Pcc». Sebbene i viaggi tra Cina e Stati Uniti siano già stati enormemente limitati dalla pandemia, non è da escludere che tali restrizioni suscitino ritorsioni da parte del governo cinese.
Rivelazioni – Durante una discussione all’Aspen Istitute, sono emerse ulteriori rilevazioni dell’Intelligence Usa. Secondo quanto riferiscono Bbc e Guardian, William Evanina, capo del controspionaggio della National Intelligence, ha detto che «Pechino ha intensificato gli sforzi per influenzare la prossima amministrazione Usa e agenti cinesi stanno già prendendo di mira il personale del presidente eletto Joe Biden, incluse le persone più vicine al suo team». E non solo, perché nella stessa sede John Demers, capo della divisione per la sicurezza nazionale del Dipartimento di giustizia, ha riferito che centinaia di ricercatori cinesi con legami con le forze armate del loro Paese sono stati identificati dall’Fbi la scorsa estate.
Palla a Biden – Il rapporto Usa-Cina sta conoscendo il suo momento peggiore dalla normalizzazione delle relazioni diplomatiche nel 1979. La nuova stretta sui visti cinesi e le probabili conseguenze saranno l’ennesima sfida per la futura amministrazione del presidente eletto Joseph Biden. Già quando era vice presidente di Barack Obama, Biden è stato molto cauto e anche adesso sembra essere impegnato a lasciare in atto molte delle dure misure adottate dall’amministrazione Trump, comprese le tariffe e le restrizioni sulla tecnologia cinese. Ha già detto che affronterà con forza le violazioni dei diritti umani in Cina, comprese le detenzioni di massa nella regione occidentale dello Xinjiang. Tutto lascia pensare che il nuovo presidente sarà più efficace nel guidare un più ampio respingimento globale contro la Cina.