Donald Trump è diventato il terzo presidente della storia degli Stati Uniti d’America a essere messo sotto accusa dopo Andrew Johnson nel 1868 e Bill Clinton nel 1998. L’attuale numero uno della Casa Bianca si è detto sicuro che l’esito possa essere lo stesso, l’assoluzione. Nel frattempo però, impegnato in un comizio a Battle Creek, nel Michigan, si è scatenato via Twitter contro il Partito Democratico: «Questo è un assalto all’America e un assalto al Partito Repubblicano».

Trump ostenta sicurezza nel suo comizio in Michigan

L’accusa – La Camera dei Rappresentanti a maggioranza democratica, nella sera del 18 dicembre ha approvato, con un voto politicamente connotato, entrambi i capi d’accusa presentati contro Trump: il primo, l’abuso di potere, è stato approvato con 229 voti a favore e 198 contrari, mentre il secondo, l’ostruzionismo alle indagini del Congresso, è passato con 230 voti favorevoli e 197 contrari. Soltanto tre esponenti tra i democratici, Collin Peterson, Jeff Van Drew e Jared Golden, non hanno sposato la linea accusatrice del proprio partito, mentre si è astenuta Tulsi Gabbard, una delle candidate alle presidenziali del 2020. La procedura di impeachment era stata avviata ufficialmente lo scorso 31 ottobre dopo essere stata richiesta già nel mese di settembre dal Partito Democratico in virtù delle rivelazioni sul contenuto di una telefonata tra Trump e il presidente dell’Ucraina Volodymyr Zelensky. Durante la conversazione telefonica, Trump aveva esplicitamente richiesto al suo omologo di aprire un’indagine su Joe Biden, ex vice di Obama e attuale candidato forte alle primarie democratiche, in cambio di aiuti militari ed economici al Paese europeo. Il pretesto, rivelatosi poi infondato, era l’incarico ottenuto dal figlio di Biden, Hunter, nel consiglio d’amministrazione di una società ucraina. Il tentativo trumpiano era stato rivelato dalla denuncia di un funzionario dell’intelligence americana che aveva ascoltato la telefonata (le conversazioni tra capi di Stato vengono solitamente registrate dalle intelligence dei rispettivi Paesi). Diverse testimonianze, tra cui la pubblicazione della trasposizione scritta della telefonata, hanno poi confermato questa tesi, aggiungendo anche come la Casa Bianca abbia cercato di nascondere la conversazione incriminata. Decisiva in tal senso si era rivelata la confessione di Gordon Sondland, ambasciatore degli Stati Uniti presso l’Unione Europea e ricco imprenditore del settore alberghiero, in passato molto vicino a Trump e al Partito Repubblicano

I prossimi passi – Ora la palla passerà dalla Camera al Senato, dove nelle prossime settimane partirà il dibattito decisivo presieduto dal giudice capo della Corte Suprema. Al termine, il voto del secondo ramo del Congresso americano deciderà se confermare le accuse, e quindi destituire Trump dalla sua carica di presidente, o se scagionarlo e quindi confermarlo. La seconda opzione appare la più scontata, data la maggioranza repubblicana del Senato: già nel voto alla Camera, il partito si è dimostrato compatto nel sostegno al suo uomo forte. Con la campagna per le presidenziali del 2020 destinata ad entrare nel vivo, anche di pari passo con il processo, i repubblicani non hanno nessun interesse a delegittimare il leader in grado di poterli condurre ancora alla guida del Paese per i prossimi quattro anni. Nancy Pelosi, speaker democratica della Camera, ha però annunciato di non voler immediatamente trasferire il dibattimento in Senato fin quando non otterrà da Trump la garanzia di un procedimento giusto ed equo con la convocazione di altri possibili testimoni chiave come l’ex consigliere per la sicurezza nazionale John Bolton e il capo di gabinetto della Casa Bianca Mick Mulvaney. l leader dei repubblicani al Senato, Mitch McConnell, coordinatore da ora in avanti del processo di impeachment, aveva respinto la scorsa settimana la richiesta dei Democratici di accettare nuovi testimoni per l’inchiesta.

Nancy Pelosi durante la conferenza post voto

Le reazioni – La stessa Nancy Pelosi, una volta ufficializzato il risultato, ha zittito alcuni esponenti del suo partito che stavano esultando parlando di un «grande giorno per la Costituzione, ma di un brutto giorno per l’America». Trump, oltre agli sfoghi via tweet, si era già espresso inviando una lettera a Pelosi in cui la accusava di voler condurre un colpo di Stato che interferisse con le prossime elezioni. Il numero uno della Casa Bianca si è detto sicuro dell’assoluzione in Senato e ha ricevuto solidarietà del presidente russo Vladimir Putin, che ha dichiarato: «Contro di lui accuse inventate». In Italia gli ha fatto eco Matteo Salvini, che ha parlato di una «vergognosa campagna giudiziaria-mediatica della sinistra».