Il ministro delel Finanze greco Varoufakis alla riunione dell'Eurogruppo

Il ministro delel Finanze greco Varoufakis alla riunione dell’Eurogruppo

Il 15 febbraio 2015, nella riunione dell’Eurogruppo, il neo-premier Alexis Tsipras ha rifiutato l’estensione del programma di salvataggio attualmente in vigore nel Paese. Ma senza un prolungamento la Grecia rischia di restare senza la liquidità necessaria per mandare avanti lo Stato già a marzo. Ma i pericoli vanno oltre: l’uscita dall’euro potrebbe essere inevitabile, a meno che Tsipras non decida di rivedere le promesse elettorali di lotta all’austerità.

Paul Krugman, premio Nobel per l’economia e editorialista del New York Times, nell’articolo “Greece (and Europe) Deserve Democratic Ideals of Syriza, sostiene la decisione del governo Tsipras. Bruxelles – dice Krugman – dovrebbe dare ad Atene la possibilità di alleggerirsi dalle misure di austerità più dure e di raggiungere un compromesso sui prestiti futuri. L’Europa rischia una catastrofe molto più grande se continua a trattare la Grecia come un nemico sconfitto: la crescita delle forze di estrema destra, come Alba Dorata, ma anche la fine dell’Eurozona. .

Ma c’è chi vede nell’uscita dall’euro l’unica vera soluzione per la Grecia. È l’editorialista del Guardian Simon Jenkins. Che nell’articolo “The only way for Greece is out of the eurozone lo dice con chiarezza: il nuovo governo greco deve dichiararsi in bancarotta, liberarsi dall’Eurozona e ripristinare una dracma svalutata. La riduzione del debito non risolve il problema di un’economia inevitabilmente poco competitiva e dipendente dall’estero. Soltanto fuori dall’euro il Paese potrà ricostruire le sue prospettive di crescita. L’alternativa è trasformarsi in uno Stato vassallo di Berlino, forse insieme a Spagna, Portogallo e ad altri Stati dell’Eurozona. “Tutta l’Unione europea sprofonderebbe nella stagnazione solo per salvare la pelle dei banchieri tedeschi”, scrive Jenkins. .

Al contrario Barbara Wesel, giornalista del Deutsche Welle, è netta nel condannare la posizione del governo Tsipras nel negoziato internazionale. La Grecia deve ancora presentare solidi fatti e cifre, scrive nell’articolo “Greece’s kamikaze strategy“: la politica del “tutto o niente” portata avanti da Tsipras e Varoufakis potrebbe ritorcersi contro il bene del loro Paese. Il Ministro delle Finanze greco si è presentato alla riunione dell’Eurogruppo senza neanche un foglio, confidando – ironizza la reporter tedesca – che i suoi partner avessero letto le sue dichiarazioni al New York Times.

Secondo Zsolt Darvas, economista al think thank Bruegel di Bruxelles, venire a patti con Atene costerebbe troppo all’Europa. L’articolo “Un terzo bailout per la Grecia? Almeno 60 miliardi di euro” dice proprio questo: accettare che la Grecia chiuda i prossimi due bilanci con un avanzo primario dell’1,5% del Pil (e non del 3% nel 2015 e del 4,5% nel 2016) sarebbe troppo. Se la proposta venisse accolta, servirebbero ulteriori prestiti da parte dei creditori internazionali per finanziare il debito greco. Che, fra l’altro, si ingigantirebbe a causa delle promesse elettorali di Tsipras di aumenti di pensioni e nuove assunzioni.

“Un compromesso è possibile, se le due parti lo vogliono”, dice invece Dan Steinbock, ricercatore dell’India, China and America Institute (Usa). Nell’articolo “The New greek Crisis: time for compromise” lo studioso è ottimista sulla sorte della Grecia. Presto Bruxelles e Atene allenteranno le loro posizioni: più si prolungano i colloqui, maggiore è il rischio di danni economici e volatilità del mercato. Il governo Tsipras ha già abbandonato le richieste di cancellazione del debito e Bruxelles sta negoziando per la prima volta con una leadership che rifiuta corruzione e burocrazie ingombranti: due elementi che mostrano un’apertura di fondo dei due interlocutori.

Livia Liberatore