Camilo Castro è tornato in Francia. È finito dopo cinque mesi di detenzione l’incubo del 41enne insegnante di yoga arrestato e incarcerato lo scorso giugno dal regime venezuelano di Nicolas Maduro senza accuse ufficiali. Ad annunciarlo è stato su X il presidente francese Emmanuel Macron, che ha parlato di un lavoro diplomatico «silenzioso, ma determinato» svolto per riportare in patria il connazionale. Castro è atterrato domenica 16 novembre all’aeroporto di Orly, vicino Parigi. Emblematiche le sue prime parole: «Viva la libertà, viva l’uguaglianza e viva la fraternità. Che tutti gli esseri su questa terra possano vivere liberi da ogni sofferenza».
?? Libération de Camilo Castro : “Vive la liberté, vive l’égalité et vive la fraternité”
Camilo Castro, le Français détenu au Venezuela depuis le mois de juin, est arrivé à l’aéroport de Paris-Orly. #canal16 pic.twitter.com/h1HfmuBu3U
— franceinfo (@franceinfo) November 16, 2025
Il caso – L’uomo era scomparso al valico di frontiera di Paraguachón, tra Colombia e Venezuela. Lì, secondo quanto raccontato dalla famiglia, era andato per rinnovare il visto colombiano. Da quel momento, si erano perse la sue tracce e il suo era diventato un caso globale, tanto che Amnesty International lo aveva inserito in un rapporto sulle “sparizioni forzate” dei cittadini stranieri. Castro era rinchiuso nel carcere di El Rodeo I, a Caracas. Durante il periodo di detenzione, le sue comunicazioni con l’esterno sono state ridotte al minimo: la madre ha ricevuto solo un messaggio audio, a fine luglio, con una richiesta di aiuto.
Il rilascio – Con il lavoro della diplomazia è arrivata la scarcerazione, per cui il ministro degli esteri francese Jean-Noël Barrot ha assicurato «non esserci stata contropartita». Nei giorni scorsi, il funzionario del governo era volato in Messico e Colombia per degli incontri con i suoi omologhi locali e ha portato alla loro attenzione il caso Castro. Probabilmente, il ringraziamento ai «partner che hanno sostenuto gli sforzi francesi» nel rimpatrio dell’insegnante di yoga era rivolto proprio ai ministri di questi Paesi. La svolta, però – spiega Repubblica – sarebbe stata la condanna francese dell’intervento militare degli Stati Uniti nei Caraibi. Una presa di posizione interpretata da Maduro come un segnale di apertura e rispetto, che avrebbe creato lo spazio per chiudere il dossier Castro. La madre del 41enne preso in ostaggio, l’attivista di Amnesty Hélène Boursier, ha espresso la propria gioia per la liberazione del figlio e sottolineato di dover «pensare anche agli altri», facendo riferimento al resto degli stranieri detenuti in Venezuela.
Camilo Castro est libre.
Je partage le soulagement de ses proches et remercie tous ceux qui ont œuvré à sa libération.
La France avance parfois sans bruit, mais toujours avec détermination et sang-froid : c’est ainsi que nous protégeons les nôtres.
— Emmanuel Macron (@EmmanuelMacron) November 16, 2025
La detenzione di Trentini – Uno di loro è un cooperante italiano e si chiama Alberto Trentini. Dal 15 novembre 2024 è rinchiuso a El Rodeo. Anche lui senza motivazioni. Ma la macchina diplomatica italiana non si è dimostrata al passo con quella di Parigi. La madre di Trentini, Armanda Colusso, critica da mesi l’esecutivo per quello che ritiene uno scarso impegno nella vicenda. «Per Alberto non si è fatto ciò che era doveroso fare – ha dichiarato durante una conferenza stampa a Milano il 15 novembre –. Fino ad agosto il nostro governo non aveva avuto alcun contatto con quello venezuelano. E questo dimostra quanto poco si sono spesi per mio figlio. Sono stata troppo paziente ed educata ma ora la pazienza è finita». A settembre scorso, la visita a Caracas dell’ambasciatore Giovanni De Vito sembrava aver sbloccato la situazione, ma non è stata trovata la giusta chiave per una svolta. «Il caso non può essere derubricato o dimenticato. Chiedo alla presidente Meloni e al ministro Tajani di agire con la stessa determinazione e lo stesso metodo mostrato dalla Francia», ha tuonato il deputato di Alleanza Verdi Sinistra Angelo Bonelli. Posizione condivisa anche dal segretario di Più Europa Riccardo Magi.
Le speranze – Dietro la partita a scacchi per il rilascio di Trentini c’è anche da considerare la tensione tra Washington e Caracas. Con il pretesto della guerra ai narcotrafficanti, Donald Trump sta valutando un’offensiva militare per tentare di rovesciare il regime di Maduro. E Roma, che non riconosce la leadership venezuelana ma non vuole neanche inimicarsi il presidente degli Stati Uniti (con cui intrattiene buoni rapporti), sta lavorando in silenzio, con l’intelligence, per scarcerare il connazionale.




