La situazione in Venezuela è sempre più tesa e gli Stati Uniti scendono in campo, con la richiesta di un vertice d’emergenza. A Bogotà si tiene la riunione del Gruppo di Lima, un’alleanza internazionale composta da 14 paesi latinoamericani e sostenuta dagli Stati Uniti, nata per contrastare l’avanzata chavista nella parte sud del continente e per aiutare il Venezuela a superare la crisi economica. Tra questi, solo 11 paesi hanno riconosciuto il leader dell’opposizione Juan Guaidò come presidente ad interim del Venezuela, mentre Messico, Guyana e Santa Lucia sostengono ancora il governo di Nicolas Maduro. Guaidò vuole parlare con Mike Pence, vicepresidente degli Stati Uniti, e l’incontro avverrà oggi.
Scontri mortali – La richiesta di Guaidò al Gruppo di Lima è quella di un intervento militare in Venezuela per fermare il caos. Dopo un fine settimana di scontri, aiuti umanitari bloccati e camion incendiati, con oltre 25 morti ai confini con il Brasile e l’avvelenamento di un deputato dell’opposizione avvenuto sabato 24, Guaidò si è detto: «aperto a tutte le opzioni». L’ipotesi di intervento non è però condivisa da tutti i membri del Gruppo di Lima tra cui Colombia, Brasile, Argentina, Perù e Cile. A questi si aggiunge l’Ue il cui obiettivo è che si «eviti un intervento militare» e che «la crisi si risolva in modo pacifico e democratico». A ribadirlo è stato l’Alto rappresentante per la politica estera europea Federica Mogherini, che ha chiesto «con forza alla polizia e alle forze di sicurezza venezuelane di contenersi, evitare l’uso della forza e permettere l’ingresso degli aiuti». Mentre il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres lancia un «forte appello» alle parti in Venezuela per evitare ogni tipo di violenze.
Cacuta tra scontri e veleno – Il fine settimana è iniziato con il concerto a Cacuta, una città colombiana al confine: “Venezuela Aid”, organizzato dal miliardario britannico Richard Branson con l’obiettivo di raccogliere fondi per il Venezuela. Tutto è andato liscio, nessuno scontro, anche se i canali televisivi in cui si trasmetteva il concerto sono stati oscurati dal governo. Si trattava solo della quiete prima della tempesta. Sabato 24 gli scontri legati al blocco degli aiuti umanitari da parte delle milizie armate di Maduro hanno causato più di 280 feriti. Una lotta con proiettili di gomma e fumogeni che, stando al giornale brasiliano O Globo, ha visto anche l’uso di armi da fuoco. A Santa Elena de Uairen, sul confine brasiliano, i “colectivos chavisti” composti da milizie irregolari pro Maduro hanno sparato sui manifestanti, in gran parte membri delle comunità indigene Kumaparakay e Pemon. Il bilancio delle vittime è salito a 25, tra queste anche un ragazzo di 14 anni. In serata è giunta anche la notizia del ricovero in gravi condizioni in ospedale del deputato dell’opposizione venezuelana Freddy Superlano. L’uomo si trovava in un ristorante quando si è sentito male: secondo le autorità locali, il malore sarebbe stato provocato dall’ingestione di una notevole quantià di “burundanga” ovvero scopolamina. La cosiddetta “droga dello stupro” è un allucinogeno che provoca alterazioni di coscienza e amnesie e che in forti dosi può portare alla morte. Destino che è toccato all’assistente e cugino di Superlano, Carlos Surinas, che si trovava con lui al ristorante.
Gli aiuti umanitari – Continua il blocco di Maduro agli aiuti umanitari. Sempre sabato nelle zone di confine con la Colombia, attraversando la città di Urena, tre camion erano riusciti ad entrare nel territorio venezuelano. Carichi di aiuti umanitari sono stati bruciati dai membri della Polizia nazionale bolivariana (PnB). Lo conferma Gaby Arellano, deputato dell’Assemblea nazionale di Caracas, controllata dall’opposizione. Dopo l’ennesimo brutale stop da parte delle forze militari di Maduro, Guaidò ha twittato: «Continuiamo a ricevere sostegno dalla comunità internazionale, che ha potuto vedere con i suoi stessi occhi come il regime usurpatore violi il protocollo di Ginevra, dove si dice chiaramente che distruggere gli aiuti umanitari è un crimine contro l’umanità». Nel frattempo Maduro continua a negare l’ingresso agli aiuti umanitari non approvati dal suo governo: «Non siamo mendicanti, pagheremo tutto», è stata la risposta del leader venezuelano dopo l’arrivo dei farmaci provenienti dall’Italia.
Cambi di fronte – C’è una nota positiva per Guaidò: sono diventati 60 i membri delle forze dell’ordine venezuelane che si sono ribellati a Maduro e si sono rifugiati in Colombia, il numero sembra destinato a salire. «Chi non sta a fianco del popolo e impedisce l’ingresso degli aiuti è un disertore che tradisce il nostro popolo. Chi ci accompagna a salvare la vita dei venezuelani è un vero patriota», ha detto Guaidò nella speranza che le forze armate abbandonino il leader chavista. Il vicepresidente degli usa Mike Pence su twitter: “Estamos con ustedes, we are with you”.