Nicolas Maduro avrebbe i giorni contati. È quanto ha dichiarato domenica 2 novembre il presidente statunitense Donald Trump durante l’intervista nel programma 60 Minutes della Cbs. Una posizione in apparenza contraddittoria, considerando che, poco prima, nello stesso colloquio, il leader Usa aveva cercato di minimizzare l’escalation di tensione con Caracas. Alla domanda se gli Stati Uniti avrebbero dichiarato guerra al Venezuela, Trump ha risposto: «Ne dubito. Non credo».

Gli attacchi – Le ultime settimane raccontano però un’altra realtà. Oltre 15 attacchi statunitensi contro imbarcazioni nei Caraibi e nel Pacifico hanno causato almeno 65 vittime, colpendo più di dieci navi e un sottomarino. Il Pentagono ha dichiarato di aver “ucciso tre narcotrafficanti” in un raid aereo contro una nave ritenuta carica di droga. Ma finora non è stata presentata alcuna prova che l’operazione fosse realmente finalizzata a contrastare il narcotraffico. «Ogni singola barca che vedete abbattuta – ha sottolineato Trump – uccide 25.000 persone per overdose e distrugge famiglie in tutto il nostro Paese». Washington ha dato il via al più grande dispiegamento navale nella regione caraibica dal 1962, anno della crisi dei missili di Cuba. La prossima settimana è previsto l’arrivo della Gerald Ford, la più grande portaerei della Marina Usa, affiancata da altre tre unità da guerra.
Nel frattempo prende corpo l’ipotesi di nuovi attacchi statunitensi contro obiettivi terrestri in Venezuela, nonostante il presidente abbia assicurato, lasciando scettici gli osservatori internazionali, di “non essere propenso” a un’azione del genere.

Maduro – Le parole di Trump su Maduro ricalcano quelle del senatore repubblicano Rick Scott, che nei giorni scorsi, intervistato da Fox News, ha dichiarato: «Se fossi Maduro, andrei subito in Russia o in Cina. I suoi giorni sono contati». Scott si dice certo che gli eventi di questi giorni apriranno la strada a un cambiamento. «In Venezuela la situazione è preoccupante, è chiaro che Maduro è in difficoltà – ha detto il ministro degli Esteri Antonio Tajani  – vedremo come si evolverà la situazione». La crisi a Caracas preoccupa il governo e la cittadinanza italiana anche per la detenzione arbitraria del cooperante Alberto Trentini. «Noi siamo difensori di pace e democrazia – ha aggiunto Tajani – continuiamo a dare il nostro contributo affinché le situazioni possano diventare meno complicate».

Machado – A sostenere un intervento militare statunitense in Venezuela è anche María Corina Machado, che ha strappato a Trump l’ambito Nobel per la Pace, senza però lasciarlo troppo contrariato: «Per anni abbiamo chiesto alla comunità internazionale di tagliare le fonti di attività illegali in Venezuela – ha detto Machado – e finalmente questo sta accadendo». Incalzata da una giornalista di Bloomberg sul diritto al giusto processo per le persone uccise negli attacchi, Machado ha attribuito la responsabilità delle morti a Maduro, aggiungendo che «questa è una guerra molto crudele»

Le reazioni – L’ultimo attacco, sabato 1° novembre, è avvenuto in acque internazionali nel Mar dei Caraibi, scatenando le reazioni dei governi della regione. Il presidente colombiano Gustavo Petro ha accusato l’Organizzazione degli Stati Americani (Osa) e i Paesi latinoamericani di restare in silenzio di fronte a possibili violazioni dei diritti umani da parte degli Stati Uniti. nel suo post su X, Petro è andato dritto al punto: «Se l’amministrazione Trump sta violando il diritto internazionale con attacchi sproporzionati – vere e proprie esecuzioni extragiudiziali, come sostengono le Nazioni Unite – perché l’Osa non si riunisce per affrontare il problema? Perché il silenzio dei progressisti e dei governi della regione?».