I due leader di Stati Uniti e Cina, le due superpotenze globali, si incontrano in una villa (a Filoli, vicino San Francisco) che fu set di una serie tv sulla rivalità tra due ricchissime famiglie. Coincidenze? Quello che è certo è che in questa bella location Joe Biden e Xi Jinping, che non si vedevano da più di un anno, si sono promessi di smorzare le divergenze tra i loro ricchissimi Paesi perché, come ha sottolineato il leader cinese: «Il mondo è abbastanza grande per entrambi».
Cosa è stato fatto – Nel vertice di quattro ore l’unica intesa realmente raggiunta è stata quella sul clima. I due Paesi si impegnano a triplicare l’energia prodotta con le fonti rinnovabili entro il 2030, a limitare le emissioni in tutti i settori della loro economia e ad aumentare la cooperazione sulla produzione di metano. Non una rivoluzione, ma un primo segnale di collaborazione per la propria stabilità e per quella del pianeta. «Stati Uniti e Cina riconoscono che la crisi climatica sta avendo un impatto sempre crescente sui Paesi del mondo», ha scritto il New York Times, riportando un comunicato congiunto degli inviati speciali per il clima. Un impegno importante anche in vista della Cop 28 (la conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici) che si terrà a Dubai a fine mese, dove Washington e Pechino saranno tra le osservate speciali.
I prossimi passi – Il dialogo tra Stati Uniti e Cina non è sempre stato facile, soprattutto su alcuni dossier come quello di Taiwan. In occasione del faccia a faccia Biden ha ribadito: «È fondamentale comprenderci chiaramente da leader a leader, senza malintesi o problemi di comunicazione». Trovando una sponda nel leader cinese che ha detto: «Dobbiamo assicurarci che la competizione non porti al conflitto, il mondo è abbastanza grande per entrambi. I nostri Paesi sono pienamente capaci di superare le differenze». All’ordine del giorno molti temi, oltre alla situazione climatica: l’economia, con entrambi i Paesi che mirano alle tecnologie d’avanguardia, delimitando i settori di competenza e l’acquisizione di metalli rari (Cina) e microchip (Stati Uniti); la questione di Taiwan, con gli Usa inamovibili nel loro sostegno al Paese (seppure non dichiaratamente a favore della sua indipendenza) e la Cina che lascia intendere che prima o poi ritornerà sotto la sua bandiera; l’emergenza fentanyl, l’oppioide sintetico che sta facendo strage negli Usa, i cui componenti chimici arrivano illegalmente da Pechino e poi vengono raffinati negli Stati Uniti, di cui va bloccata l’esportazione. Come ultimo punto in agenda la guerra, tra fronte ucraino e fronte palestinese. Biden ha proposto l’interruzione del sostegno a Putin, e allo stesso tempo il contributo in prima persona alla stabilità in Medio Oriente. Risposta tiepida da parte di Xi, che non è sembrato convintissimo delle richieste.
La gaffe – Dopo ore di meeting, strette di mano e passeggiate per i giardini di Filoli, i due presidenti si sono salutati. Xi ha disertato il ricevimento organizzato per i capi di Stato e di governo dell’Apec (la cooperazione economica tra i Paesi dell’area asiatico-pacifica) per andare a cena con Elon Musk e i piani alti di Apple, Exxon Mobile e Microsoft, che hanno tutti interessi finanziari in Cina. Il presidente Usa invece ha tenuto in solitaria una conferenza stampa al termine del vertice e in pieno “stile Biden” ha definito il suo omologo un «dittatore». Ha provato a giustificarsi dicendo che il termine compete a Xi in quanto «leader di un Paese comunista» ma la spiegazione non ha convinto i funzionari cinesi.