L’Italia riapre parzialmente all’export di armi verso l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti dopo l’embargo adottato in gennaio. La mossa, volta secondo fonti governative ad allentare le tensioni diplomatiche con i due stati del Golfo, è stata comunicata alle aziende produttrici con una nota dello Uama (ufficio autorizzazioni materiali d’armamento): le prime commesse ad essere sbloccate saranno quelle relative ai ricambi per gli aerei della pattuglia acrobatica di Abu Dhabi, la versione emiratina delle Frecce tricolori.

Via la clausola – Lo scorso gennaio il Governo Conte, in seguito a una mozione parlamentare, aveva bloccato l’esportazione di missili e bombe aeree verso i due Paesi mediorientali impegnati nel sanguinoso conflitto in Yemen, che in sei anni ha causato più di 250mila morti (dati Ocha – Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari umanitari). Tale divieto, stabilito dalla legge 185/1990 inerente al divieto dell’export di armi verso Paesi che non rispettano i diritti umani, revocava totalmente alcune licenze commerciali belliche peraltro già sospese dal 2019: la riapertura di questi giorni mantiene lo stop alla vendita di bombe, ma apre all’esportazione di tutto il resto degli armamenti e sistemi militari prodotti in Italia. Il materiale bellico potrà tornare a essere usato nel conflitto perché non più regolato dalla clausola dell’end-user certificate, che impedisce a chi acquista armamenti di trasferirli ad altri destinatari. «Stiamo tornando a un normale regime (di esportazione)», ha affermato Michele Nones, vicepresidente dell’Istituto Affari Esteri italiano (IAI) a Reuters, «le armi possono essere potenzialmente utilizzate in Yemen».

Dialogo ai minimi storici – L’apertura è un tentativo del Governo di riallacciare i rapporti con i due Paesi del Golfo, attualmente ai minimi storici: oltre al fallimento di diversi accordi commerciali con l’Italia (Alitalia e Piaggio su tutti), da Abu Dhabi era arrivata il 5 luglio la chiusura dell’accesso per la Difesa italiana alla base aerea di Al Minhad, il cui aeroporto era stato utilizzato per anni dall’Aeronautica italiana per operazioni logistiche in Afghanistan e Iraq. La Difesa attualmente si appoggia a una base in Kuwait, ma il ministro Lorenzo Guerini intervenendo alla Camera il 7 luglio si era detto «disposto a guardare con attenzione alle iniziative diplomatiche per recuperare un alleato strategico».

La rabbia dei pacifisti – La decisione ha scatenato le critiche da parte delle organizzazioni pacifiste e per il disarmo. Giorgio Beretta, analista dell’Osservatorio permanente sulle armi leggere (Opal) ha dichiarato a Il fatto Quotidiano che «chinare il capo di fronte a queste ritorsioni vuol dire cedere a un ricatto». “Rete italiana pace e disarmo” intanto ha indetto un flash mob per il 9 luglio a Ghedi (Bs) davanti ai cancelli dell’industria bellica Rmw Italia e uno dei suoi portavoce, Francesco Vignarca, ha commentato: «Si tratta di una mossa per riavvicinare un Paese che dopo un solo blocco all’export in 30 anni ha iniziato a ricattarci. Sono questi i famosi ‘partner strategici’ con cui vogliamo intrattenere stretti rapporti commerciali?».