Se una guerra in Europa «non è impossibile», allora bisogna dare «priorità agli appalti congiunti nel settore della Difesa», come si è fatto «con vaccini o con il gas naturale». Tradotto: l’Unione europea deve produrre più armi. Parola di Ursula von der Leyen, che il 28 febbraio, nella sessione plenaria dell’Europarlamento a Strasburgo, ha messo il piede sull’acceleratore della strategia industriale di Difesa, che la presidente della Commissione europea presenterà più in dettaglio nelle prossime settimane e che si aggiunge alla possibilità di istituire un commissario europeo ad hoc. Intanto, nel 2023 la spesa in termini reali per gli armamenti è aumentata per il nono anno consecutivo, toccando una cifra record che sfiora i 2.500 miliardi di dollari. L’Italia si conferma tra i leader del settore: primo produttore dell’Ue e sesto Paese al mondo per le esportazioni. Anche se, a causa dell’inflazione, nel 2022 i ricavi sono diminuiti, soprattutto per gli Usa, rispetto all’anno precedente.

Le spese militari nel mondo – Per il nono anno consecutivo il mondo ha prodotto più armi. Nel 2023 la spesa in termini reali ha raggiunto una somma che si avvicina a 2.500 miliardi di dollari, come anticipato da Dan Smith, direttore dello Stockholm International Peace Research Institute (Sipri), l’istituto svedese che dal 1960 analizza i numeri dell’industria della Difesa. La guerra in Ucraina è stato un acceleratore importante per il settore, ma è stato già il 2014, con l’annessione russa della Crimea, l’anno in cui le spese per le forniture militari sono ricominciate a salire a livello globale. Con la crisi scoppiata il 7 ottobre in Medio Oriente secondo l’ultimo rapporto del Sipri è plausibile che questi numeri continueranno a gonfiarsi. Insieme alla produzione, si stima che nel prossimo biennio torneranno a salire i ricavi, che nel 2022 (con un giro di affari di 568 miliardi di euro) hanno registrato una flessione del 3,5% rispetto all’anno precedente. La diminuzione dipende soprattutto dagli Stati Uniti che, nonostante abbiano ricevuto nuovi ordini, hanno registrato un calo del 7,9% nei ricavi. Secondo Lorenzo Scarazzato, ricercatore del “Programma di spesa militare e di produzione di armi” del Sipri, le motivazioni sono tre: mancanza di lavoratori specializzati, problemi nella catena di approvvigionamento e, soprattutto, l’inflazione. Per gli stessi motivi si sono registrati ricavi modesti nelle aziende europee (+0,9% nel 2022, circa 115 miliardi di euro). Una tendenza diversa si è registrata invece in Cina e in Medio Oriente (rispettivamente + 11% e + 2,7%).

Chi produce e chi esporta più armi – Nonostante una contrazione nei ricavi, il mercato mondiale delle armi continua a essere dominato dalle aziende statunitensi: sono loro a detenere la metà del mercato e sono loro a contarne 42 tra le prime 100 al mondo. Con la Lockheed Martin, la Raytheon Technologies, la Northrop Grumman, Boeing e la General Dynamic, gli Stati Uniti occupano i primi cinque posti della classifica. Al sesto posto c’è la britannica Bae Systems, mentre tre aziende cinesi e la russa Rostec completano la top 10. La prima azienda europea è l’italiana Leonardo, che si posiziona al tredicesimo posto e che nel 2022 ha incassato 15 miliardi di dollari. La novità più interessante dell’ultimo anno è l’ingresso della Turchia che, con la Baykar, è entrata per la prima volta nella top 100, grazie soprattutto alla guerra in Ucraina. Con una spesa record di 886 miliardi di dollari nel 2023, gli Usa spendono per la Difesa più del triplo della Cina (al secondo posto), che nello scorso anno ha aumentato la propria spesa per il 28° anno consecutivo (292 miliardi), seguita dalla Russia (86,4). Quanto alle esportazioni, che registrano un boom del 4,8% negli ultimi quattro anni, continuano ad essere Washington e Mosca i due protagonisti, con un divario che negli ultimi anni si è ampliato, a causa soprattutto del bisogno russo di provvedere innanzitutto ai propri armamenti.

L’Unione europea e l’Italia – Per provare a ridurre il gap con le grandi potenze globali, e con l’obiettivo di raggiungere una maggiore autonomia strategica, la presidente della Commissione Ursula von der Leyen ha proposto l’istituzione di un commissario  alla Difesa e spronato i 27 Paesi sulla necessità di prevedere una produzione congiunta di armi, sulla falsariga di quanto si è fatto con vaccini. Nel frattempo, le spese militari dell’Ue l’anno scorso sono arrivate intorno a 345 miliardi di dollari, secondo il Sipri. Nel 2022 la spesa militare europea è aumentata del 13%, il più grande incremento annuale nella regione dalla guerra fredda. Colpisce il balzo in avanti delle aziende tedesche. Tra queste, la Rheinmentall è quella che è cresciuta di più, diretta conseguenza della decisione del cancelliere Scholz di destinare più di 100 miliardi di euro al settore militare. L’Italia si posiziona sul gradino più alto del podio europeo per produzione, con Leonardo e Fincantieri tra le leader globali del settore: negli ultimi dieci anni ha registrato un incremento del 168%. Il nostro Paese è anche sesto al mondo per export e nel periodo 2018-2022 ha rappresentato il 3,8% delle esportazioni di armi a livello mondiale, con quasi il 70% destinato al Medio Oriente.