Xi Jinping

Il nuovo leader cinese Xi Jinping. Foto di Foreign Policy

Giovedì, al termine del Diciottesimo congresso del Partito comunista cinese, il Comitato centrale ha definitivamente scelto Xi Jinping come nuovo capo del partito e dell’esercito della Repubblica popolare, le massime cariche politiche del paese. Il Comitato permanente del Politburo, l’organismo supremo che governerà la Cina nei prossimi anni, sarà composto da sette membri: oltre a Xi, ci saranno Li Keqiang, indicato come prossimo primo ministro; Zhang Dejiang, vice premier; Yu Zhengsheng, segretario del partito della municipalità di Shanghai; Liu Yunshan, capo della propaganda; Wang Qishan, vice premier; Zhang Gaoli, segretario del partito della municipalità di Tianjin. Xi è stato immediatamente nominato a capo dell’esercito: questo rappresenta una novità rispetto alla tradizione degli ultimi decenni, che aveva visto il leader uscente mantenere la carica militare per alcuni anni, con l’obiettivo di influenzare ancora la politica del paese.

Xi Jinping si è presentato giovedì mattina alla conferenza stampa organizzata nella Grande sala del Popolo, accompagnato dagli altri componenti del Comitato permanente del Politburo. “Abbiamo ogni ragione per esser orgogliosi”, ha dichiarato, “orgogliosi, ma non compiacenti”. “Nel partito”, ha aggiunto Xi, “ci sono molti problemi da affrontare, soprattutto la corruzione e le tangenti, la distanza dal popolo, un’enfasi inadeguata sulle formalità e la burocrazia, e altre questioni”.

Dal nuovo leader si attende continuità, più che cambiamento, eppure Xi potrebbe essere costretto ad accelerare le riforme necessarie a rendere il sistema economico cinese più sostenibile. L’urgenza è ridurre la dipendenza dalle grandi opere e dalle esportazioni e accrescere i consumi interni e le attività private.

Sul piano delle libertà e dei diritti umani, Xi ha già dichiarato che la Cina non intende adottare il modello politico occidentale. Proprio giovedì, secondo l’agenzia Nuova Cina, un ragazzo tibetano di 14 anni si è dato fuoco nella provincia nord occidentale cinese del Qinghai. Dal 7 novembre, vigilia dell’apertura del Congresso del Partito comunista cinese, sono state 10 le immolazioni di tibetani, 59 dall’inizio del 2012.

Antonio Soggia