An undated picture made available on 27 April 2012 shows Yulia Tymoshenko showing her bruises, from alleged beatings by prison guards, in Kachanivska prison in Kharkiv, Ukraine.  EPA/UKRPRAVDA

«Se il presidente Yanukovych prende una decisione positiva  vi chiedo fortemente di firmare l’accordo senza alcuna esitazione e senza condizioni, incluso riguardo al mio rilascio». L’ultimo messaggio di Yulia Tymoshenko, lanciato a Kharkiv nella tarda serata di ieri, ha la voce di sua figlia Ievghenia.

Tymoshenko, ex primo ministro ucraino condannata a sette anni di reclusione in un processo che Bruxelles ritiene di matrice politica, si rivolge proprio ai 28 Paesi membri dell’Ue, che al vertice di Vilnius del 28 e 29 novembre mirano a rilanciare il ruolo dell’Europa unita tra le repubbliche postsovietiche. La leader dell’opposizione ucraina chiede all’Ue di firmare quell’accordo di associazione e libero scambio con l’Ucraina -a favore del quale i cittadini sono scesi in piazza-, anche se non si trova un compromesso per la sua liberazione. Viktor Yanukovych, comunque presente al vertice nonostante il passo indietro con i partner europei, ha dichiarato che il congelamento dell’accordo con Bruxelles, la cui firma era prevista proprio al summit di Vilnius, avrebbe «motivi economici» e di «rilancio delle relazioni con la Russia». Al Paese servirebbero quasi 15 miliardi di euro l’anno per adottare gli standard del mercato unico. Le stime del presidente ucraino inibiscono dunque la decisione pro-Europa.«In tutto, approssimativamente, saranno necessari almeno 160 miliardi di dollari fino al 2017», afferma Yanukovych.

Yulia Tymoshenko continua invece la sua protesta non violenta. Sulla scia di Ghandi, dei repubblicani irlandesi e dei prigionieri politici turchi la “principessa del gas” da lunedì ha iniziato il suo terzo sciopero della fame, solidale con le migliaia di persone che hanno manifestato contro la decisione del governo ucraino di sospendere la firma dell’intesa con l’Ue. Una tradizione di opposizione politica, quella del digiuno, con cui Gandhi avversò le regole britanniche in India prima, e le leggi autocratiche della nuova India indipendente poi, riuscendo comunque a salvarsi e a passare alla storia come il leader della nonviolenza per antonomasia. Tra i repubblicani irlandesi gli scioperi ebbero invece anche conseguenze estreme. Bobby Sands, repubblicano irlandese, morì nel 1981 protestando contro la decisione del governo inglese di revocare lo stato di prigionieri di guerra ai prigionieri paramilitari nell’Irlanda del Nord. Riuscì a resistere 66 giorni, superando il limite convenzionale dei 60 giorni, passati i quali il fisico umano non avrebbe grandi possibilità di sopravvivenza. La resistenza dei prigionieri politici turchi, in sciopero nel 2000, passò alla storia per la sua durata. Nella protesta contro il passaggio da un sistema carcerario composto da dormitori a celle in “stile occidentale”, i carcerati riuscirono a superare anche i 300 giorni di digiuno, ingerendo soltanto sale, vitamine e zucchero non raffinato.

Per la leader dell’opposizione ucraina Yulia Tymoshenko non si tratta del primo sciopero della fame. Nel 2012 era stata protagonista di altre due proteste pacifiche contro la sua prigionia, la situazione politica del Paese e i brogli elettorali, che hanno avuto un forte impatto sull’opinione pubblica mondiale. Il 25 novembre l’ultima scelta coraggiosa della politica ucraina, che non si ferma di fronte a niente. Neppure di fronte alla discussa pena detentiva di sette anni per abuso di potere che sta scontando a Kharkiv. Tymoshenko, nonostante le sue condizioni di salute già compromesse da una grave forma di ernia del disco, sceglie ancora la via dell’azione.

Silvia Ricciardi